domenica 27 maggio 2012

Un ragazzo

1
Pensando ai tonnarelli cacio e pepe,
ai carciofi, alla coda ed all'abbacchio,
già m'ero detto “cacchio:
in questa settimana
di trasferta romana
non devi rinunciare alla palestra!
Dopo tanta fatica, che disdetta
se a un mese dalle ferie
ti torna la pancetta!
Da bravo milanese organizzato
m'ero già preparato
segnando gli indirizzi relativi
a tre palestre e due club esclusivi
che stanno bene o male
in zona Viminale.
Così, con la piantina sottomano,
ho iniziato a girare tutti i posti.
Ma avevo fatto i conti senza gli osti!
Di tre palestre, una era fallita;
la seconda era vecchia al punto tale
che ci si era allenato Giovenale;
e la terza non era una palestra
ma un covo di energumeni di destra
che er pecora al confronto è comunista!

Ma non mi sono arreso:
mi restavano i club ancora in lista!
Il primo era esclusivo veramente,
al punto che finanche il portinaio
non ne sapeva niente.
L'altro per dirla tutta mi piaceva:
fitness, massaggi, saune rilassanti,
corsi di yoga, spinning, pugilato,
solarium con il prato e gli abbronzanti...
ma tutti questi benefit stupendi
mi costavano almeno due stipendi!

Ora, ecco... io non ho molte pretese,
fosse per me ci andrei a Villa Borghese
a correre tra i viali profumati
di resina di pino e di lentisco,
di menta, di ginepro e di finocchio,
ma cosa posso farci se il ginocchio
mi si blocca per colpa del menisco
dopo appena un minuto che ho iniziato?
Così, mentre tornavo sconsolato
pensando ai tentativi andati a vuoto,
all'improvviso mi son ricordato
ch'è da un sacco di tempo che non nuoto!
L'idea non è per niente peregrina...
Vuoi che a Roma non trovi una piscina?”

Ci ho impiegato due giorni per scoprire
l'amara verità:
piscine in centro Roma non ce n'ha!
Se vuoi nuotare non c'è via d'uscita:
ti tocca andare a Trevi
e fare come Anita!
Ora, non è per fare il milanese
che scassa i maritozzi,
ma a Milano, per dire, c'è la Cozzi
a metà strada tra Centrale e Duomo.
Vabbè, lasciamo stare.

Che cosa deve fare un pover'uomo
quando vuole nuotare
a Roma, ch'è la patria delle terme?
Me lo chiedevo, inerme,
davanti al fontanone in piazza Esedra
vagando con lo sguardo rassegnato,
quando indovina un po' chi m'ha chiamato?
L'amico mio de Roma
che stava n'altra volta su a Milano.
Finiti i convenevoli
gli espongo il mio reclamo.
Lui m'ascolta in silenzio e poi me fa:
- Aspetta du' minuti e te richiamo.

Così, mentre l'aspetto,
guardo le belle statue del Rutelli
e penso ai tempi belli
quando i nipoti stavano in bottega
con mazzetta e scalpello, e che quell'arte
alcuni l'hanno appresa solo in parte...
ma è un attimo, e il pensiero fugge via
dietro le note della suoneria.
- Pronto, Grunto... so' io.
Senti, ce sta' er cognato de mi' zio
che c'ha questa vicina
che tutti i giorni va in una piscina
che sta sull'Appia antica.
Lei c'entra co' l'invito de n'amica...
m'ha detto che problemi nun ce n'è:
se la chiami fa entrare pure a te!


2
Quarantacinque vasche in quasi un'ora:
davvero niente male
se penso che non nuoto da una vita!
Mentre mi asciugo guardo il girovita
e un poco mi compiaccio
d'avere superato i quarant'anni
tutto sommato senza troppi danni.
Così, uscendo, fischietto soddisfatto
e mentre vado a prendere la metro
mi fermo per guardarmi dentro a un vetro,
m'atteggio in una posa da coatto,
faccio la faccia dura,
sorrido e dico “Anvedi... fai paura!
Uno mejo de te... ma ndo' se trova?
Ce vole perlomeno Raoul Bova!”.
Cinque minuti dopo,
mantengo questa posa da coglione
salendo sul vagone,
e poiché me la tiro
sto in piedi e non mi guardo neanche in giro.

Ma dopo due minuti me n'accorgo.
A due metri da me ci sta un ragazzo
triste che sembra un cane bastonato
che se ne sta accucciato nel suo posto
e ogni tanto mi guarda di nascosto.
Quando si accorge che mi sono accorto
fa finta di girarsi, ma poi torna
e da dentro quel suo giubbetto rosso
mi piazza gli occhi addosso.
La cosa un po' mi manda in confusione...
forse per via di quella sua espressione,
mi viene un senso di inadeguatezza
di fronte a tutta quella sua tristezza,
mi sento coinvolto, anche perché
tra tutti sta guardando solo me...
...magari c'ha un problema...
a volte, se hai bisogno di un aiuto
lo cerchi pure da uno sconosciuto...

Mi giro per un attimo soltanto,
poi piano piano butto ancora un occhio...
E' sempre lì che guarda.
“Oddio, ma non sarà mica un finocchio?”.
Intanto lui decide
che anch'io lo sto guardando, e mi sorride.
Bravo, Attanasio Grunto, complimenti!
Hai fatto colpo! E' quello che volevi,
perciò adesso di cosa ti lamenti?
Ora sai che si prova
andando in giro a fare Raoul Bova!

Non rispondo al sorriso.
Faccio la faccia dura:
hai visto mai, magari c'ha paura...
Niente, sorride ancora!
Allora sai che faccio?
Mi metto le cuffiette nelle orecchie,
e mentre schiaccio il play
faccio la faccia di chi non lo caga.
Oh, manco a farlo apposta,
chi canta il primo brano? Lady Gaga!
Vabbè, che c'entra, mica uno è gay
solo perché gli piace Born this way!

Mentre sto lì e millanto sufficienza
sento un'interferenza,
una musica rotta
che non c'azzecca con la Germanotta.
Non viene dal lettore
e non arriva dal televisore
che è appeso al palo sopra la mia testa...
Faccio la faccia strana, non capisco...
E intanto quel rumore non si arresta.
Quand'ecco che il ragazzo mi fa un cenno,
sorride e con il dito
mi indica qualcosa alle mie spalle.
Mi volto e vedo un vecchio un po' svanito
avvolto in uno scialle,
con in testa un cappello un po' sgualcito,
che placido strimpella
un suo vecchio organetto a manovella
e produce un discreto tramestio.
Il ragazzo sorride divertito.
Tolgo le cuffie e gli sorrido anch'io.
Gli dico «grazie», lui mi dice «niente».
Sorrido e penso “sono un deficiente!”.

Ma poi non ci parliamo.
Soltanto, ogni pochetto, ci guardiamo
e ci lanciamo un po' di sorrisini
come fanno gli amici
quando fanno i cretini.
Alla fine lui scende,
e forse si sorprende che io resti.
Non si volta a guardarmi, non ha senso.
O almeno è quel che penso
mentre lo guardo allontanarsi in fretta.
La porta si è già chiusa,
quando attraverso il vetro
lo vedo che si gira e torna indietro.
Quando infine mi trova con lo sguardo
gli sto già sorridendo. In due secondi
sono molte le cose che diciamo.

Infine mi saluta con la mano.
Il treno parte. Io guardo finché posso
il suo sorriso e il suo giubbetto rosso.
Poi mi siedo nel posto che ha lasciato
e penso tra di me
che non sembrava poi tanto diverso,
che ci potevo prendere un caffè.

***

P.S.: il 17 maggio era la giornata mondiale contro l'omofobia. Però non è che gli altri giorni non vale.

















giovedì 24 maggio 2012

"Ospiti illustri" n° 5: Vincenzo Cardarelli

Vincenzo Cardarelli, Poesie, 1942
GABBIANI

***

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciufare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
















sabato 19 maggio 2012

Nascondino

Papà, falla finita...
smettiamo di giocare a nascondino!
Quand'ero piccolino
sei tu che mi hai insegnato
quello che so del gioco,
cioè che è bello quando dura poco,
perciò falla finita
che questa volta non è divertente:
se ti nascondi in quella faccia assente
come faccio a trovarti?

Papà, cambiamo gioco.
Se non puoi più portarmi sulle spalle
come facevi quando ero bambino
stammi almeno vicino
e prendimi la mano
e dimmi che non provi più paura...
anche se hai freddo in questa notte scura
stando vicini un po' ci riscaldiamo.


domenica 6 maggio 2012

Sopra un aforisma di Aristotele

Siamo quello che facciamo ripetutamente. L'eccellenza non è dunque un atto, ma un'abitudine.

Se è vero che noi siamo solamente
quel che facciamo ripetutamente
io dunque cosa sono?

Se penso a quel che faccio
non sono che uno straccio di impiegato:
serio, efficiente, onesto... disperato!
Perché del mio lavoro
non resta proprio niente
e questo, se ci penso, è deprimente!
Ma in fondo, poi, poteva andarmi peggio:
ho un amico che vive al Lorenteggio
che è pure lui impiegato, ma al catasto!
E quindi, non tocchiamo questo tasto.

E allora, cosa sono?
Cosa faccio di buono,
qual è il motivo della mia esistenza,
quale valenza c'è nel mio operato?

Senti cos'ho pensato.
Di tutto quel che sono e quel che faccio
soltanto di una cosa mi compiaccio:
del mio essere ancora innamorato.
Ecco quello che faccio ogni momento:
ti amo, anche se non mi stai vicino,
anche se mi incasino
in questo nostro eterno inseguimento...

Dice che l'eccellenza è un'abitudine:
per colpa tua, io eccello in solitudine.