sabato 28 dicembre 2013

Avverso ogni destino

Avverso ogni destino
e contro ogni minaccia
voglio restare qui, tra le tue braccia,

fin quando questo nodo
non scioglierà la morte,
nella cattiva e nella buona sorte.

Sarò guerriero e scudo,
spezzerò mille spade,
eroe che si rialza quando cade,

finché l'ultima lama
reciderà l'abbraccio
e allora sarò fuoco e sarò ghiaccio.


domenica 15 dicembre 2013

Nel tempo di un abbraccio

Tu dunque, Bruno, preferisci il fuoco
ch'è veloce e pietoso,
e annichilisce nella sua calura
finanche la paura.
Il ghiaccio, lo capisco, è più crudele:
esegue la sentenza
con un'affilatissima pazienza
e come un vecchio boia ti tortura
con i coltelli della sofferenza.

Io lo capisco il fuoco:
il tempo del dolore
è meglio che sia poco.

Ma il tempo della morte,
quando avrò la coscienza
che ancora poco e dovrò farne senza,
quando comprenderò l'idea del tempo
e il dolore del mondo
e il senso lacerante dell'assenza...
l'attimo prima ch'io diventi perso
giustifica il più gelido universo!

Per questo, Bruno, preferisco il ghiaccio:
per stringermi al suo corpo o al suo ricordo
e spegnermi nel tempo di un abbraccio.




venerdì 13 dicembre 2013

Poesia

Quando m'hai detto «anch'io»,
sabato scorso, al buio, a casa mia...
Ecco, non è già questa poesia?



mercoledì 11 dicembre 2013

Cosa ne sanno gli altri del mio amore?

Cosa ne sanno gli altri del mio amore
che non hanno mai letto nel mio sguardo,
che sanno tutto quello che gli piace
del personaggio, e niente dell'attore...
Cosa ne sanno gli altri del mio amore?

E tu, di questo amore, che ne sai?
Quando riappari dentro la mia vita,
cosa ti resta, quando mi raccogli,
quando mi tocchi, quando te ne vai?
Di questo amore, tu cosa ne sai?

Io pure mi ci metto in questo stuolo,
ch'io pure non so nulla dell'amore.
Se ne sapessi, ti saprei fermare.
Ma non so farlo, e me ne resto solo
come una barca incatenata al molo.




martedì 26 novembre 2013

Ospiti illustri n° 16: Robert Frost

Robert Frost, Fire and Ice
traduzione di Attanasio Grunto

***

FUOCO E GHIACCIO 

Certi dicono che sarà nel fuoco
che il mondo finirà, certi nel ghiaccio.
Per quello che ne so del desiderio,
io sto con quelli che hanno caro il fuoco.
Ma se dovessi estinguermi due volte,
io penso di saperne tanto d'odio
da dire che una fredda distruzione
resta altrettanto grande.
E basterebbe.


Some say the world will end in fire, / Some say in ice. / From what I’ve tasted of desire / I hold with those who favor fire. / But if it had to perish twice, / I think I know enough of hate / To say that for destruction ice / Is also great. / And would suffice.


sabato 23 novembre 2013

Resta

Eccomi ancora solo,
lontano dal tuo corpo,
dal tuo respiro, dalle tue parole.
L'ultima mi è rimasta nella testa.
Quando mi hai detto "resta".


martedì 19 novembre 2013

Kohèlet

Che ne sarà di me,
del mio vagare incerto in mezzo al mondo,
quando d'ogni mio grido
si sarà spenta l'eco,
quando di questo tempo
non resterà il ricordo di un momento...
mi perderò nel nulla,
ché tutto è spreco e compagnia di vento.

Di te che stai aspettando
al termine del treno
e che mi annienterai tra le tue braccia,
per ritornarmi un senso, come sempre,
per regalarmi ancora il tuo tormento,
del tuo infinito, del tuo smarrimento...
spreco soltanto, e compagnia di vento.

Stasera sarai là,
al termine del treno.
Ti abbraccerò,
ci abbracceremo in un istante lento.
Così vorrei ci sorprendesse il vento.


***

(questa poesia deve qualcosa a Erri De Luca)



venerdì 15 novembre 2013

Continuo a costruire

Continuo a costruire
senza fermarmi, senza mai fermarmi
e accumulo disordine e dolori
orgasmi e fallimenti
abbracci (quanti abbracci!) e sfinimenti
ma costruisco, senza mai fermarmi
senza osservare quanto ho costruito
senza voglia e speranza di lasciare
un seme che mi possa conservare
nel continuo fluire dell'eterno
senza illusioni lungo questo inverno
continuo a recitare
come un attore la sua pantomima
perché la morte, credo, arriva prima
non appena cominci a conservare.


martedì 12 novembre 2013

Sto sulla sedia

Mi chiedi come sto.
                              Sto come un uomo
ch'è padrone soltanto d'una sedia
e se la porta addosso
legata sulla schiena con lo spago
(una vecchia thonet di legno bianco
coi buchi nella paglia)
fin quando non è stanco.

Mi chiedi come sto.
                              Sto sulla sedia
con le braccia svuotate
e un incombente senso di tragedia.



mercoledì 18 settembre 2013

"Ospiti illustri" n° 15: Lucio Dalla

Lucio Dalla, da Dalla, 1980
CARA

***

Cosa ho davanti,
non riesco più a parlare,
dimmi cosa ti piace,
non riesco a capire
dove vorresti andare,
vuoi andare a dormire.

Quanti capelli che hai,
non si riesce a contarli...
sposta la bottiglia
e lasciami guardare
se di tanti capelli
ci si può fidare.

Conosco un posto nel mio cuore
dove tira sempre il vento
per i tuoi pochi anni
e per i miei che sono cento,
non c'è niente da capire,
basta sedersi ed ascoltare.

Perché ho scritto una canzone
per ogni pentimento
e debbo stare attento
a non cadere nel vino
o finir dentro ai tuoi occhi
se mi vieni più vicino.

La notte ha il suo profumo
e puoi cascarci dentro
che non ti vede nessuno
ma per uno come me, poveretto,
che voleva prenderti per mano
e cascare dentro a un letto...
che pena, che nostalgia
non guardarti negli occhi
e dirti un'altra bugia.
Almeno non ti avessi incontrato:
io che qui sto morendo
e tu che mangi il gelato.

Tu corri dietro al vento
e sembri una farfalla
e con quanto sentimento
ti blocchi e guardi la mia spalla,
se hai paura a andar lontano
puoi volarmi nella mano.
Ma so già cosa pensi,
tu vorresti partire,
come se andare lontano
fosse uguale a morire,
e non c'e' niente di strano
ma non posso venire.
Così come una farfalla
ti sei alzata per scappare,
ma ricorda che a quel muro
ti avrei potuta inchiodare
se non fossi uscito fuori
per provare anch'io a volare.
E la notte cominciava
a gelare la mia pelle,
una notte madre che cercava
di contare le sue stelle,
io li sotto ero uno sputo
e ho detto «olè, sono perduto!».

La notte sta morendo
ed e' cretino cercare
di fermare le lacrime ridendo,
ma per uno come me, l'ho gia detto,
che voleva prenderti per mano
e volare sopra un tetto...
Lontano si ferma un treno,
ma che bella mattina,
il cielo e' sereno.
Buonanotte, anima mia,
adesso spengo la luce
e così sia.



sabato 14 settembre 2013

Il groupio

Qualche tempo fa, nelle giornate spensierate passate a leggere le pagine di Vibrisse, avevo dimostrato tutta la mia scherzosa gelosia letteraria a una gentile lettrice, che proprio in quell'occasione dichiarava di essere la groupie del blogger. Il mio sonetto e l'intera vicenda si trovano qui

***

Passo di qui per caso, e cosa scorgo?
Un garrulo flirtare indecoroso
che mi provoca un fremito geloso
e mi trascina il cuore in un ingorgo.

"Quando ti leggo gongolo!" ...ed io insorgo!
"Ti tocca un bel sonetto!" ...e son furioso!!
"Giulio, ma il tuo sonetto è STREPITOSO!"
...e nei fumi dell'odio ormai m'ammorbo!!!

Donna crudele, che m'hai aperto il petto,
ne hai preso il cuore e l'hai gettato ai lupi,
m'abbandoni così, per un sonetto?

Pure, tra i miei pensieri foschi e cupi,
non mi risolvo a toglierti il mio affetto...
E' il mio destino: groupio di una groupie!

















martedì 10 settembre 2013

Senza titolo # 3

Abbi pietà di me, dolce ragazza,
e non mostrarmi più quel tuo sorriso,
ché non sopporto quando ti avvicini
con quel tuo corpo pieno di promesse,
quel tuo sguardo felice di trovarmi,
e mi accarezzi con le tue parole.
Non sopporto il piacere di ascoltarti,
l'orgoglio di vederti così bella
come se fossi mia,
non sopporto il respiro che mi manca
quando infine vai via.
Stasera sono fragile, mi vedi,
ma domani sarò di nuovo mio,
ché io non sono quello che tu credi...
e forse neanche quel che credo io.




sabato 7 settembre 2013

"Ospiti illustri" n° 14: Camillo Sbarbaro

Camillo Sbarbaro, da Rimanenze, 1955
ORA CHE SEI VENUTA

***

Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa -
a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolìo così che assorda il bosco
al nascere dell'alba, ammutolisce
quando sull'orizzonte balza il sole.

Ma te la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m'affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l'ore deserte, quando s'avanzavan
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sé, per desiderio di baciare...



venerdì 30 agosto 2013

Tango

E' mentre stringi gli occhi
e socchiudi le labbra, in quel momento
che non sai più se è dolce o se fa male,
è quando ti abbandoni alle mie braccia
mentre ti tengo stretto
con la schiena incollata contro il petto,
è quando ti contrai
e godi di un sospiro
che domani di nuovo negherai,
è in quel breve momento
che io amo il tuo corpo per intero,
senza riserve, senza sicurezze,
senza speranza, senza via d'uscita,
e stringo tra le dita
il sapore salato del tuo petto
per avere di te qualcosa ancora
quando, come ogni volta, te ne andrai
lasciandomi a pensare
che non ci sarà un sempre e neanche un mai.



domenica 11 agosto 2013

Spoon River # 5. Anonimo (un ragazzino)

Sono morto soltanto ieri sera,
non ho ancora una lapide ed un nome.
Ma un nome, in fondo, non ce l'ho mai avuto
e se l'ho avuto non me lo ricordo.
Però ricordo bene
che ho avuto una nomea
che mi ha guastato come un'infezione:
"Ragazzi, avete visto?
E' arrivato il ricchione!".

Che cosa importa se ti chiami Andrea
o Marco o Luca o un altro nome ancora
se a nessuno interessa quel che sei,
se gli basta sapere che sei gay?
Non ero solo quello.
Ero allegria, passione,
tristezza, solitudine, speranza,
e non ero diverso
da quelli che cercavo e che mi han perso.

Non ero coraggioso, quello no.
Ed anche ieri sera
mi mancava il coraggio
sul bordo del terrazzo.
Ma poi è stato più forte l'imbarazzo.



giovedì 8 agosto 2013

Beautiful day

Oggi Lisa ha parlato con sua madre,
Enrico si è fermato in piazza Duomo
a guardare una tipa che passava,
Eleonora ha scelto di tenerlo,
Gianni ha mandato Luca a fare in culo
e se n'è andato senza la valigia,
Martina si è guardata nello specchio
come se non l'avesse fatto ancora,
Mimmo si è arreso pure questa volta,
Tonino ci ha provato tutto il giorno
senza che rispondesse mai nessuno,
Antonella e Roberto hanno scopato
e questa sera lo faranno ancora,
Eleonora spera di riuscirci
e ha paura del tempo che l'aspetta,
Gianni è tornato a piangere da Luca,
Enrico ha fame e non si sa tenere,
Lisa si sente bene ed è felice
e non ha più paura di nessuno,
Martina non lo sa se avrà il coraggio
ma domani si vestirà di bianco,
Mimmo si sente stanco,
Tonino sta parlando, finalmente.

Oggi mi sento vivo
ed è da tanto che non succedeva.



lunedì 29 luglio 2013

"Ospiti illustri" n° 13: Tomaso di Marepotamo

Tomaso di Marepotamo (1220 ca. - 1265 ca.)
AMOR MI TENE PRISO AD UNO LAZZO

***

Amor mi tene priso ad uno lazzo
e mi percote 'l core d'ogni banda
levami 'l gioco, 'l riso e ogne solazzo
e di penzare a voi sempre comanda.

Eo giro sanza pace nel palazzo
ove la doglia mia sempre mi manda
e a mia madonna dicere non sazzo
quando di tanta pena mi dimanda.

Eo d'essa vi parlai per molte fiate
nel lungo tempo de la pregionia,
o dolze meo segnor, vi ricordate?

Ma or ch'eo non ho vostra compagnia
lo mondo m'è pregione in veritate
più de quella ch'a noi ce retenia.



mercoledì 24 luglio 2013

Il professore, Guido e Pasqualino

L'esimio professor Labarca Remo
entrando nella classe di soppiatto
restò basito, ed anzi esterrefatto,
di fronte ad un epiteto blasfemo.

Sulla lavagna, nel suo canto estremo,
biancheggiava in maiuscolo il misfatto
che l'alunno Lamoto avea redatto
e che diceva "PASCUALINO E SCIEMO".

«Eccoti lì, col gesso ancora in mano,
che insulti con le tue parole stolte
la grammatica e il lessico italiano!

Di storpiature tu ne hai fatte molte,
ma ho già in mente un rimedio draconiano:
scrivi la frase esatta cento volte!!

Ci penserai due volte
se in futuro vorrai fare il balordo!
Che dici, Pasqualino, sei d'accordo?»


lunedì 22 luglio 2013

Un poeta moderno

A che serve un sonetto? Io scrivo in prosa 
e me ne frego del linguaggio dotto: 
è roba vecchia, ed io mi sono rotto 
a verseggiare in forma rigorosa! 

Dante e Petrarca ne han già scritti a iosa, 
Caproni e Tasso e Foscolo e Zanzotto: 
ne vuoi ancora? Scrivi uno strambotto 
oppur sestine, o inni... o un'altra cosa! 

Tu pensa ai versi di un prozio metodico, 
o a quei fogli dei Baci Perugina... 
pensa che triste secolo prosodico! 

Per mezza buona idea che si indovina 
è tutto un gran girare un po' parodico: 
Veneranda Braga-lli Cava-dina! 

E poi questa manfrina 
d'attorcigliarci dentro qualche enigma: 
non è poesia se segui un paradigma!

***

Questo sonetto - da considerarsi come un esercizietto di tipo scolastico - è ispirato ancora una volta dal blog Vibrisse di Giulio Mozzi, e in particolare dalle sue "dieci buone ragioni per non scrivere sonetti". In un modo o nell'altro, ho cercato di infilarcele dentro tutte e dieci.
Il sonetto contiene due omaggi.
Il primo omaggio è a Edgar Allan Poe, e al suo sonetto "An Enigma" che Giulio richiama nella ragione numero 9. Per scoprire in cosa consista questo omaggio, è sufficiente leggere il sonetto originale di Poe
Il secondo omaggio è contenuto nel primo (sperando che l'omaggiata passi da queste parti).

Ecco l'elenco delle dieci buone ragioni per non scrivere sonetti:
1. I sonetti sono roba vecchia.
2. Non c’è nessuna ragione al mondo per cui un concetto, un sentimento, una descrizione, ecc. ecc., debbano stare per forza in 154 sillabe.
3. Hanno scritto sonetti Dante, Petrarca, Tasso, Bembo, Della Casa, ecc. ecc., fino a Foscolo, D’Annunzio, ecc. ecc., fino a Caproni, Zanzotto, ecc. ecc. (per fermarsi agli italiani: ma ci sarebbero Ronsard, Shakespeare, Gòngora ecc. ecc.). Come si fa a non sembrare delle capre, al confronto?
4. Migliaia, milioni, miliardi di sonetti sono stati scritti. Quasi tutti bruttissimi (la produzione degli autori al punto 3, rispetto alla massa totale, è minima). Dobbiamo aggiungerne?
5. Perché sonetti e non canzoni, ballate, sestine, rispetti, strambotti, inni, canzonette ecc. ecc.?
6. Tuo prozio scriveva sonetti per i compleanni, i battesimi, i matrimoni. Giunto a una certa età ne fece un libretto in copisteria, lo regalò a tutti i parenti, e li obbligò a leggerlo e a dirgli che i sonetti erano belli. Vuoi assomigliare a tuo prozio?
7. Ci sono già i foglietti dei Baci Perugina e quelli dei biscotti della felicità.
8. Ormai non c’è più nessuna sensibilità metrico-prosodica. Un secolo di versoliberismo e di poesia letta in traduzione ci ha definitivamente rovinati.
9. “Seldom we find, says Solomon Don Dunce, half an idea in the proufoundest sonnet“. (E. A. Poe, v.).
10. Infine, dopo la satira in terza rima Contro il sonetto, di Veneranda Bragadina Cavalli, pubblicata nel volume delle sue Rime (Verona, presso Angelo Tamo, 1619, p. 69) non c’è niente da aggiungere.

















sabato 20 luglio 2013

Rondò del tuo sorriso

Ancora un poesia scritta su input di Giulio Mozzi. Questa volta si tratta di un rondò (le regole sono qui). Il mio rondò è pubblicato qui.

***

Di fronte al tuo sorriso
perché io mi tormento
e me ne resto inerme,
immobile, sgomento,
nascosto come un verme
di fronte al tuo sorriso?

E' un impaludamento
che il cuore mi distrugge
questo mio sentimento
che ad ogni senso sfugge.

Che se in amor chi fugge
vince il combattimento,
chi come me si strugge
non trova giovamento.
Per questo io mi tormento
di fronte al tuo sorriso.






martedì 16 luglio 2013

Donna non havvi al mondo al cui sembiante

Donna non havvi al mondo al cui sembiante
io non raffronti la bellezza vostra
e l'uso quotidiano a me dimostra
ch'io non errai nel farmi vostro amante.

Pur non so esser io così costante
da rimirar soltanto in voi l'intero,
ma in mille e mille donne io cerco invero
quella parte ch'a voi sia somigliante.

Così taluna il piede, l'altra il petto,
taluna ancora 'l suo segreto mostra;
ed ogni volta io cedo, son sincero.

Ma non lo fo per trarre un mio diletto
ma per fermare in me l'imago vostra
e per somma d'error comporre il vero.

Partiti, mio sonetto,
e nel mentre che vai dalla mia bella
vedi se trovi in giro altra donzella.



venerdì 12 luglio 2013

Sonetto dell'innocente vilipeso

Nel blog Vibrisse, Giulio Mozzi ha scritto un sonetto (che si trova qui) in cui racconta di un'indebita appropriazione di biglie; il tutto partendo da un verso di Cavalcanti. 
Ho immaginato una possibile risposta, basata su versi danteschi.

***

Tanto gentile e tanto onesta pare
la tua sortita in merito alle biglie
che chi l'ascolta si fa meraviglie
e pensa ch'io sia nato per truffare.

Ma, Guido: a chi la stiamo a raccontare?
Ché tu le desti a Lapo le tue biglie
e lui se n'è riempito le bottiglie...
e adesso a me le vieni a reclamare?

Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
mostrassimo ciascun le biglie nostre:
mostrate 'l vostro, ch'io vi mostro 'l mio!

Che a furia di sentir le bugie vostre
sento alle mani un tal formicolio...
E insomma: a me mi girano... le giostre!!

(Comunque, a ben guardare,
le biglie che prestasti erano rosse
e tali io ne ho due, ma son più grosse!)




lunedì 8 luglio 2013

Una madre

No, guarda, se rinasco... e chi mi tiene?
Faccio la cosa, lì... come si chiama?
... la escort!! Che non è proprio puttana:
scopa chi vuole e i soldi se li tiene!

Mio marito e mio figlio stanno bene!
Non fanno un cazzo tutta settimana,
tanto lavoro io e gli do' la grana...!
Ma adesso basta, ne ho le palle piene!!

Ma quello non è lui, laggiù in piazzetta...?
MAICOOOL... BELLO DI MAMMA, VIENI QUA...
... e dagli a mamma tua una sigaretta!

Che dici? Le hai finite? E che ci fa?
Ti bastano cinquanta?... però, aspetta:
tornami il resto, che lo do' a papà.



sabato 6 luglio 2013

Tipi umani, 39

Io nel tuo desiderio mi consumo
e intanto tu mi fai diventar matto,
ché t'accompagni ad ogni mentecatto
e a me di corda lasci un sol calumo.

Come uno straccio intinto nell'impiumo
d'ogni tua cattiveria il cuor m'imbratto,
ma alle tue spine ormai sono assuefatto
come un gatto selvatico in un dumo

e di queste tue offese, più ne assumo
e più di averne cresce in me la voglia,
e in un lento piacere il duolo sfumo

mentre in ginocchio, nudo sulla soglia
come sconfitto giocator di sumo,
osservo la sua mano che ti spoglia.

E si scioglie quel grumo,
e mentre tremo al pari d'una foglia
sento dentro il piacere che gorgoglia.

***

Questo sonetto è la mia risposta a una delle sfide proposte da Giulio Mozzi sul suo blog, nello specifico quella che si trova nei commenti a questo post (il mio sonetto invece si trova qui).

I termini della sfida erano i seguenti:
1) creare un sonetto che appartenesse ai "tipi umani", cioè un sonetto in cui l'autore fa parlare un personaggio riconducibile a una precisa categoria umana (nel caso del mio sonetto, a parlare è un voyeur masochista);
2) che il sonetto fosse "caudato", ovvero dotato dei tre versi aggiuntivi (un settenario e due endecasillabi) che ne costituiscono la coda;
3) che il sonetto contenesse le seguenti rime:
  - calumo: lunghezza di catena o di cavo filato fuoribordo, quantità di gomena (termine marinaresco);
  - dumo: roveto;
  - impiumo: primo bagno colorante dato ai filati o ai tessuti come fondo per la tintura definitiva;
  - sfumo: voce del verbo sfumare;
  - sumo: sport orientale per atleti ciccioni.

C'era in palio una bambolina.

















mercoledì 26 giugno 2013

Madrigale della porta

Se ora tu bussassi alla mia porta
togliendoti gli occhiali,
e s'io togliessi i miei, che sono uguali,

e poi tu entrassi dentro la mia casa
col tuo passo discreto,
inciampando però contro il tappeto,

e s'io a mia volta t'inciampassi addosso...
t'abbraccerei. Ché adesso, ahimè, non posso. 

***

Questo madrigale, parodia di un'opera di Patrizia Cavalli, è il mio contributo al gioco proposto da Giulio Mozzi sul blog Vibrisse.



 


















giovedì 9 maggio 2013

"Ospiti illustri" n° 12: Camillo Sbarbaro

Camillo Sbarbaro, da Pianissimo, 1914, 1961
A MIO PADRE

***

Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.

Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
che la prima viola sull'opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell'altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch'era il tu di prima.

Padre se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.






mercoledì 1 maggio 2013

Spoon River # 4. Marino, Gianni e Pietro (tre operai)

(Marino)
«Avevo il mio lavoro, ed ero fiero
della mia vita e della mia famiglia:
mi riempivo il cuore di mia moglie,
mi illuminavo gli occhi di mia figlia,
e ritornare a casa era un piacere
dopo le lunghe ore nel cantiere.»

     (Gianni)
     «Io stavo con mia madre, e adesso è sola.
     Da quel giorno non dice una parola.»

(Pietro)
«Quel giorno, lo confesso, ebbi paura
di salire su quell'impalcatura.
Pensai a Maria e mi dissi "se non torno
si farà avanti certo il macellaio
e lei farebbe bene ad accettarlo".
Di questo ebbi paura:
non della mia, ma della sua sventura.»

     (Gianni)
     «Trascorre il tempo in casa, senza amici,
     lucidando i ricordi e le cornici.»

(Marino) 
«Mia moglie è stata brava:
ha fatto sacrifici e l'ha allevata
come io meglio non avrei saputo.
Ieri mi ha detto che si è laureata!
Avrei voluto dirle per davvero
che non ho smesso mai di essere fiero!»

     (Gianni)
     «Ma viene tutti i giorni, e porta un fiore
     per non farmi vedere il suo dolore.»

(Pietro)
«Pensai di non salire,
di dire che non mi sentivo bene
e di tornare a casa ad abbracciarla...
ma fu solo un momento:
mi liberai di quel presentimento
e dissi alla mia squadra di salire,
e ci salii io stesso.
Stavo d'avanti, e loro due dappresso.»

     (Gianni)
     «Ieri mi ha regalato le mimose
     e mi ha detto parole silenziose.»

(Marino) 
«Ma io, finché ho vissuto,
non ho avuto paura del domani:
un cantiere per me c'è sempre stato
per guadagnarmi il pane con le mani...
ma mia figlia domani che farà?
Senza lavoro non c'è dignità!»

     (Gianni)
     «Mi ha detto sorridendo solo questo:
     "bambino mio, ci abbracceremo presto".»

(Pietro)
«Lei poi non l'ha voluto il macellaio.
Ha lasciato il paese, se n'è andata
e so che in qualche modo ce l'ha fatta,
so che ha sofferto, ma si è sistemata.
Me lo ha detto lei stessa: quando torna
non scorda mai di darmi il suo saluto.
Ma poi mi lascia, ed io rimango solo
e penso a tutto quello che ho perduto.»




martedì 30 aprile 2013

Ragazza con il nome di una mela

Ragazza con il nome di una mela
che te ne infischi della mia vecchiaia
e come una farfalla cavolaia
mi giri attorno senza cautela

incuriosita da una ragnatela
che pur avendo strappi a centinaia
se ti avvicini troppo poi t'inguaia...
o come una falena alla candela...

se ieri sera infine non ti ho chiesto
di salire da me malgrado l'ora
non è soltanto perché sono onesto,

ché potrei farne a meno per un'ora.
E' che c'è troppa frutta nel mio cesto:
c'è già una mela, e un'altra... ed altro ancora.


martedì 9 aprile 2013

"Ospiti illustri" n° 11: Rino Gaetano

Rino Gaetano, da Aida, 1977
ESCLUSO IL CANE

***

Chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
ma togli il cane
escluso il cane
tutti gli altri son cattivi
pressoché poco disponibili
miscredenti e ortodossi
di aforismi perduti nel nulla

Chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
se togli il cane
escluso il cane
non rimane che gente assurda
con le loro facili soluzioni
nei loro occhi c'è un cannone
e un elisir di riflessione

E tu non torni qui da me
perché non torni più da me

Chi mi dice ti amo
chi mi dice ti amo
ma togli il cane
escluso il cane
paranoia e dispersione
inerzia grigia e films d'azione
allestite anche le unioni
dalle ditte di canzoni

E tu non torni qui da me
perché non torni qui da me


















mercoledì 3 aprile 2013

Italiani

Ci può salvare ormai solo un miracolo,
ma grosso, come ancora non s'è visto,
che lo può fare solo Gesù Cristo
o uno che frequenta il tabernacolo!

Che pure a Giorgio gli hanno fatto ostacolo,
sinistra, destra, centro e gruppo misto
e pure i nuovi (sai che bell'acquisto!)
ci si son messi, e questo è lo spettacolo:

di Mario non rimangono che i cocci,
Silvio è sparito con il suo postribolo,
Pierluigi si è perso nei suoi approcci...

Chi ci solleverà da questo tribolo?
Non certo Beppe con i suoi fantocci!
Non resta che Francesco. Col turibolo.


martedì 26 marzo 2013

La resa

Quando tu dormi, spesso io ti guardo
e colgo nel tuo sonno,
nella lentezza piana dei respiri,
nelle palpebre scure di stanchezza,
nelle labbra socchiuse
protese come il broncio di un bambino,
nella tua gola tesa
che pulsa sotto i colpi del tuo cuore,
una bellezza strana ed assoluta,
un'innocenza limpida e indifesa,
dolce come la resa
che si deve all'amore.
Questa parte di te non ti appartiene
e invece è mio il calore dei respiri,
il tuo candore, ogni tuo lineamento.
Finché non mi addormento.


domenica 24 febbraio 2013

Spoon River # 3. Ermanno (un meteorologo)

Incominciai studiando sulle carte
(isobare, cicloni, anticicloni)
poi nel laboratorio della scuola
(barometri, termometri, anemometri)
poi divenni pilota d'aviazione
(voli, ricognizioni, osservazioni)
e infine lessi la mia previsione
tutte le sere alla televisione.

     Non ci azzeccavo sempre
     ma ci mettevo metodo e passione.

Poi vennero i satelliti,
coi loro occhi freddi ed efficienti,
e i computer e i loro sacerdoti
con negli occhiali sguardi supponenti.
Di colpo non servirono più a nulla
i miei calcoli e i miei vecchi strumenti.
Rimasero le carte alle pareti,
appese come inutili ornamenti.

     Rimasi anch'io, ma da quel giorno fui
     un narratore di vicende altrui.

La mia vita durava tre minuti
ogni sera davanti a una lavagna.
Finchè venne a salvarmi la vecchiaia.
Fu grazie a lei che venni qui in campagna
con le mie vecchie carte e gli strumenti
a osservare le nuvole ed i venti.
Mi ripresi la vita, fino a quando
mi calarono dentro questa fossa.

     E pure qui, un dolore nelle ossa
     mi dice quando il tempo sta cambiando.


sabato 16 febbraio 2013

Spoon River # 2. Luigi (un impiegato)

Io non ero nessuno,
lui era il Segretario Comunale.
«Capisci?» mi diceva «Sono esposto!»
Così ci siamo amati di nascosto.
Comunque è stato bello:
era il mio uomo, a me bastava quello.

Fu a una festa di nozze
(sedevamo vicini)
che in un attimo strano d'euforia
io gli presi la mano nella mia.
«Sei pazzo? Non lo vedi quanta gente?»
Mi morsi il labbro e ritirai la mano.
«Mi spiace» dissi piano.
«Non ci ha visti nessuno, non fa niente.»

Ci han sepolti lontano
(lui nella parte alta,
io nel piano di questo cimitero)
così non posso chiedergli se è vero
che non l'ho amato invano,
che lui pure mi ha amato,
che adesso prenderebbe la mia mano.


domenica 10 febbraio 2013

Spoon River # 1. Ortensia (una madre)

Vorrei dirvi di piangere, bambine,
ma sono certa che non lo farete.
Io pure non ho pianto per mia madre,
ché ho fatto quel che avevo visto fare
e lei pure non pianse per la sua.
Lei non ebbe mai tempo
né per sua madre né per me bambina
presa com'era dai suoi tre mariti
e dalle sue paure d'egoista.
Io pure ho conosciuto
tanti mariti e identiche paure
e ho sprecato il mio tempo
accecata dall'ansia
nel delirio più scuro
dimenticando voi ed il mio futuro.
Ora che sono persa l'ho capito
ma so che la condanna si ripete
e so che pure voi non capirete
distratte dall'ennesimo marito.


martedì 29 gennaio 2013

Sonetto dantesco

Bruno, i' vorrei che tu e Paolo ed io
stessimo sanza alcuno impedimento
sul lungomare Murri, in faccia al vento
mirando l'onde e 'l loro luccichio;

o in piazza Bra, perduti nel brusio
che fa il liston col suo camminamento;
o sul naviglio, che si muove lento
e piega l'alghe col suo tremolio;

e che lui raccontasse ancora a noi
d'ogni suo dubbio e d'ogni suo tormento,
ché mi manca quel suo mostrarci il cuore;

e che tu gli spiegassi che 'l dolore
ci serve come fosse nutrimento...
e ch'io restassi ad ascoltare voi.




venerdì 18 gennaio 2013

"Ospiti illustri" n° 10: Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti, Commiato, 2 ottobre 1916 (poi in L'Allegria, 1942)
COMMIATO

*** 

Gentile
Ettore Serra
poesia
è il mondo l'umanità
la propria vita
fioriti dalla parola
la limpida meraviglia
di un delirante fermento

Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso. 















venerdì 11 gennaio 2013

Effe

Effe come fatica
di starti accanto, effe
come felicità che ancora sento,
effe come una foglia
quando per me sei vento,
effe come il tuo fiato
che di notte alimenta il mio respiro,
effe come ferita,
come feroce, come fiamma e fuoco,
come il freddo che sento se ti guardo
e penso che sei fragile ed è poco
quello che posso fare,
effe come fuggire
soltanto per tornare,
effe come fortuna
d'esserci stato quando t'ho incontrato,
effe come la forza che mi hai dato,
come la febbre, come la follia
di vivere con questa frenesia.

Effe come il futuro
che esiste quando guardo la tua faccia.
Effe come la fine
che non sarà crudele
se mi sorprenderà tra le tue braccia.