lunedì 29 luglio 2013

"Ospiti illustri" n° 13: Tomaso di Marepotamo

Tomaso di Marepotamo (1220 ca. - 1265 ca.)
AMOR MI TENE PRISO AD UNO LAZZO

***

Amor mi tene priso ad uno lazzo
e mi percote 'l core d'ogni banda
levami 'l gioco, 'l riso e ogne solazzo
e di penzare a voi sempre comanda.

Eo giro sanza pace nel palazzo
ove la doglia mia sempre mi manda
e a mia madonna dicere non sazzo
quando di tanta pena mi dimanda.

Eo d'essa vi parlai per molte fiate
nel lungo tempo de la pregionia,
o dolze meo segnor, vi ricordate?

Ma or ch'eo non ho vostra compagnia
lo mondo m'è pregione in veritate
più de quella ch'a noi ce retenia.



mercoledì 24 luglio 2013

Il professore, Guido e Pasqualino

L'esimio professor Labarca Remo
entrando nella classe di soppiatto
restò basito, ed anzi esterrefatto,
di fronte ad un epiteto blasfemo.

Sulla lavagna, nel suo canto estremo,
biancheggiava in maiuscolo il misfatto
che l'alunno Lamoto avea redatto
e che diceva "PASCUALINO E SCIEMO".

«Eccoti lì, col gesso ancora in mano,
che insulti con le tue parole stolte
la grammatica e il lessico italiano!

Di storpiature tu ne hai fatte molte,
ma ho già in mente un rimedio draconiano:
scrivi la frase esatta cento volte!!

Ci penserai due volte
se in futuro vorrai fare il balordo!
Che dici, Pasqualino, sei d'accordo?»


lunedì 22 luglio 2013

Un poeta moderno

A che serve un sonetto? Io scrivo in prosa 
e me ne frego del linguaggio dotto: 
è roba vecchia, ed io mi sono rotto 
a verseggiare in forma rigorosa! 

Dante e Petrarca ne han già scritti a iosa, 
Caproni e Tasso e Foscolo e Zanzotto: 
ne vuoi ancora? Scrivi uno strambotto 
oppur sestine, o inni... o un'altra cosa! 

Tu pensa ai versi di un prozio metodico, 
o a quei fogli dei Baci Perugina... 
pensa che triste secolo prosodico! 

Per mezza buona idea che si indovina 
è tutto un gran girare un po' parodico: 
Veneranda Braga-lli Cava-dina! 

E poi questa manfrina 
d'attorcigliarci dentro qualche enigma: 
non è poesia se segui un paradigma!

***

Questo sonetto - da considerarsi come un esercizietto di tipo scolastico - è ispirato ancora una volta dal blog Vibrisse di Giulio Mozzi, e in particolare dalle sue "dieci buone ragioni per non scrivere sonetti". In un modo o nell'altro, ho cercato di infilarcele dentro tutte e dieci.
Il sonetto contiene due omaggi.
Il primo omaggio è a Edgar Allan Poe, e al suo sonetto "An Enigma" che Giulio richiama nella ragione numero 9. Per scoprire in cosa consista questo omaggio, è sufficiente leggere il sonetto originale di Poe
Il secondo omaggio è contenuto nel primo (sperando che l'omaggiata passi da queste parti).

Ecco l'elenco delle dieci buone ragioni per non scrivere sonetti:
1. I sonetti sono roba vecchia.
2. Non c’è nessuna ragione al mondo per cui un concetto, un sentimento, una descrizione, ecc. ecc., debbano stare per forza in 154 sillabe.
3. Hanno scritto sonetti Dante, Petrarca, Tasso, Bembo, Della Casa, ecc. ecc., fino a Foscolo, D’Annunzio, ecc. ecc., fino a Caproni, Zanzotto, ecc. ecc. (per fermarsi agli italiani: ma ci sarebbero Ronsard, Shakespeare, Gòngora ecc. ecc.). Come si fa a non sembrare delle capre, al confronto?
4. Migliaia, milioni, miliardi di sonetti sono stati scritti. Quasi tutti bruttissimi (la produzione degli autori al punto 3, rispetto alla massa totale, è minima). Dobbiamo aggiungerne?
5. Perché sonetti e non canzoni, ballate, sestine, rispetti, strambotti, inni, canzonette ecc. ecc.?
6. Tuo prozio scriveva sonetti per i compleanni, i battesimi, i matrimoni. Giunto a una certa età ne fece un libretto in copisteria, lo regalò a tutti i parenti, e li obbligò a leggerlo e a dirgli che i sonetti erano belli. Vuoi assomigliare a tuo prozio?
7. Ci sono già i foglietti dei Baci Perugina e quelli dei biscotti della felicità.
8. Ormai non c’è più nessuna sensibilità metrico-prosodica. Un secolo di versoliberismo e di poesia letta in traduzione ci ha definitivamente rovinati.
9. “Seldom we find, says Solomon Don Dunce, half an idea in the proufoundest sonnet“. (E. A. Poe, v.).
10. Infine, dopo la satira in terza rima Contro il sonetto, di Veneranda Bragadina Cavalli, pubblicata nel volume delle sue Rime (Verona, presso Angelo Tamo, 1619, p. 69) non c’è niente da aggiungere.

















sabato 20 luglio 2013

Rondò del tuo sorriso

Ancora un poesia scritta su input di Giulio Mozzi. Questa volta si tratta di un rondò (le regole sono qui). Il mio rondò è pubblicato qui.

***

Di fronte al tuo sorriso
perché io mi tormento
e me ne resto inerme,
immobile, sgomento,
nascosto come un verme
di fronte al tuo sorriso?

E' un impaludamento
che il cuore mi distrugge
questo mio sentimento
che ad ogni senso sfugge.

Che se in amor chi fugge
vince il combattimento,
chi come me si strugge
non trova giovamento.
Per questo io mi tormento
di fronte al tuo sorriso.






martedì 16 luglio 2013

Donna non havvi al mondo al cui sembiante

Donna non havvi al mondo al cui sembiante
io non raffronti la bellezza vostra
e l'uso quotidiano a me dimostra
ch'io non errai nel farmi vostro amante.

Pur non so esser io così costante
da rimirar soltanto in voi l'intero,
ma in mille e mille donne io cerco invero
quella parte ch'a voi sia somigliante.

Così taluna il piede, l'altra il petto,
taluna ancora 'l suo segreto mostra;
ed ogni volta io cedo, son sincero.

Ma non lo fo per trarre un mio diletto
ma per fermare in me l'imago vostra
e per somma d'error comporre il vero.

Partiti, mio sonetto,
e nel mentre che vai dalla mia bella
vedi se trovi in giro altra donzella.



venerdì 12 luglio 2013

Sonetto dell'innocente vilipeso

Nel blog Vibrisse, Giulio Mozzi ha scritto un sonetto (che si trova qui) in cui racconta di un'indebita appropriazione di biglie; il tutto partendo da un verso di Cavalcanti. 
Ho immaginato una possibile risposta, basata su versi danteschi.

***

Tanto gentile e tanto onesta pare
la tua sortita in merito alle biglie
che chi l'ascolta si fa meraviglie
e pensa ch'io sia nato per truffare.

Ma, Guido: a chi la stiamo a raccontare?
Ché tu le desti a Lapo le tue biglie
e lui se n'è riempito le bottiglie...
e adesso a me le vieni a reclamare?

Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
mostrassimo ciascun le biglie nostre:
mostrate 'l vostro, ch'io vi mostro 'l mio!

Che a furia di sentir le bugie vostre
sento alle mani un tal formicolio...
E insomma: a me mi girano... le giostre!!

(Comunque, a ben guardare,
le biglie che prestasti erano rosse
e tali io ne ho due, ma son più grosse!)




lunedì 8 luglio 2013

Una madre

No, guarda, se rinasco... e chi mi tiene?
Faccio la cosa, lì... come si chiama?
... la escort!! Che non è proprio puttana:
scopa chi vuole e i soldi se li tiene!

Mio marito e mio figlio stanno bene!
Non fanno un cazzo tutta settimana,
tanto lavoro io e gli do' la grana...!
Ma adesso basta, ne ho le palle piene!!

Ma quello non è lui, laggiù in piazzetta...?
MAICOOOL... BELLO DI MAMMA, VIENI QUA...
... e dagli a mamma tua una sigaretta!

Che dici? Le hai finite? E che ci fa?
Ti bastano cinquanta?... però, aspetta:
tornami il resto, che lo do' a papà.



sabato 6 luglio 2013

Tipi umani, 39

Io nel tuo desiderio mi consumo
e intanto tu mi fai diventar matto,
ché t'accompagni ad ogni mentecatto
e a me di corda lasci un sol calumo.

Come uno straccio intinto nell'impiumo
d'ogni tua cattiveria il cuor m'imbratto,
ma alle tue spine ormai sono assuefatto
come un gatto selvatico in un dumo

e di queste tue offese, più ne assumo
e più di averne cresce in me la voglia,
e in un lento piacere il duolo sfumo

mentre in ginocchio, nudo sulla soglia
come sconfitto giocator di sumo,
osservo la sua mano che ti spoglia.

E si scioglie quel grumo,
e mentre tremo al pari d'una foglia
sento dentro il piacere che gorgoglia.

***

Questo sonetto è la mia risposta a una delle sfide proposte da Giulio Mozzi sul suo blog, nello specifico quella che si trova nei commenti a questo post (il mio sonetto invece si trova qui).

I termini della sfida erano i seguenti:
1) creare un sonetto che appartenesse ai "tipi umani", cioè un sonetto in cui l'autore fa parlare un personaggio riconducibile a una precisa categoria umana (nel caso del mio sonetto, a parlare è un voyeur masochista);
2) che il sonetto fosse "caudato", ovvero dotato dei tre versi aggiuntivi (un settenario e due endecasillabi) che ne costituiscono la coda;
3) che il sonetto contenesse le seguenti rime:
  - calumo: lunghezza di catena o di cavo filato fuoribordo, quantità di gomena (termine marinaresco);
  - dumo: roveto;
  - impiumo: primo bagno colorante dato ai filati o ai tessuti come fondo per la tintura definitiva;
  - sfumo: voce del verbo sfumare;
  - sumo: sport orientale per atleti ciccioni.

C'era in palio una bambolina.