venerdì 20 marzo 2015

Ospiti illustri n° 24: Luciano Folgore

Luciano Folgore, da Poeti controluce, 1922 
LA PIOGGIA SUL CAPPELLO

***

Silenzio. Il cielo
è diventato una nube,
vedo oscurarsi le tube,
non vedo l'ombrello
ma odo sul mio cappello
di paglia,
da venti dracme e cinquanta
la gocciola che si schianta,
come una bolla,
tra il nastro e la colla.
Per Giove, piove
sicuramente,
piove sulle matrone
vestite di niente,
piove sui bambini
recalcitranti,
piove sui mezzi guanti
turchini,
piove sulle giunoni,
sulle veneri a passeggio,
piove sovra i catoni,
e, quello ch'è peggio,
piove sul tuo cappello
leggiadro,
che ieri ho pagato,
che oggi si guasta;
piove, governo ladro!...

L'odi tu? Non è di passaggio
come l'acqua
di maggio,
che sciacqua la terra e la monda.
Sgronda terribilmente;
si sente il blasfemo
di un polifemo ambulante,
si veggono ninfe e atalante
fuggire in un angiporto;
Plutone più vivo che morto
si pone una nivea pezzuola
sul feltro che cola;
Diana s'accorcia la tunica
fin quasi all'altezza del femore,
e Dedalo immemore e Marte
con toga a due petti e speroni
s'impalano ai muri con arte
per evitare i doccioni.
Cibele fa segno all'auriga
che incurva il soffietto alla biga,
e monta sul cocchio
mentre la furia di Eolo
le palpa il malleolo
le morde il polpaccio,
si sfibia
d'intorno allo stinco e alla tibia.

Bagnati dal coccige al collo,
dal naso al tallone d'Achille,
fradici fino al midollo,
cugini alle anguille,
nubili d'ombrello,
col solo cappello,
sentiamo che l'essere anfibi
sarebbe un superbo destino,
te biscia,
io girino,
e liscia la piova del giorno
ci colerebbe d'attorno,
non come a Issïone
che fece la ruota a Giunone,
ma pari al Tritone
cui Teti concesse
- regalo di nume -
di potersi fare
un ampio palamidone
di schiume di mare.

E piove sempre,
sul càmice mio,
sul peplo tuo
colore ormai dell'oblio,
piove sul croceo e l'eburno
del tuo moccichino di seta,
piove sul cromo del mio coturno
che s'impatacca di creta,
piove sopra il cinabro
che t'impomidaura il labro,
piove sui tremuli tocchi
che t'anneriscono gli occhi,
e andiamo d'androne
in androne,
con facce di mascherone,
squadrandoci obliquamente
se qualche pozza lucente
ci specchia e ci invecchia
per farci morir di furore,
Narcisi
dai visi colore
di colla di paglia,
di succo di nastro,
d'impiastro di minio,
di guazzo assassino
di cipria e di cartoncino.

E piove a dirotto
da tutte le nubi,
piove dai tubi
sfasciati
dell'acquedotto
del cielo,
piove sui cani spelati,
piove sul melo e sul tiglio,
piove sul padre e sul figlio,
piove sui putti lattanti,
sui sandali rutilanti,
su Pegaso bolso,
su l'orïolo da polso,
piove sul tuo vestitino
che m'è costato un tesauro,
piove sulla salvia e sul lauro,
sull'erbetta e sul rosmarino,
piove sulle vergini schive,
piove su Pàsife e Bacco,
piove persin sulle pive
nel sacco.

E piove soprattutto
sul tuo cappello distrutto
mutato in setaccio,
che ieri ho pagato
che adesso è uno straccio,
o Ermione
che scordi a casa l'ombrello
nei giorni di mezza stagione.




4 commenti:

  1. Risposte
    1. Ciao, Bruno.
      Diciamo che va un po' meglio... anche se il periodo incasinato non è ancora terminato. In ogni caso sto ricominciando a sentire l'urgenza di scrivere qualcosa, e questo è un buon segno. Vedremo.
      Tu come te la passi?

      Elimina
    2. Abbastanza bene...
      il libro va... un po' così. il blog è un po' fermo. Le case editrici non mi hanno evacuato. lo autopubblicherò. il tennis va molto meglio, in compenso :-) ciao Attanasio, a presto. ps: ma tu niente FB?

      Elimina
    3. Bruno, mi fai morire: "evacuato" è strepitosa!!
      Comunque le case editrici non "evacuano" nessuno, specie ultimamente. Ormai lo fanno solo se sei già famoso. Il rischio d'impresa non fa più parte dell'editoria.
      Facebook, dici? In teoria ci sarei... mi ha convinto Morena qualche tempo fa. Ma credo di esserci entrato solo una volta o due dopo essermi iscritto. E' una cosa che non fa per me, evidentemente.
      Ciao, alla prossima.

      Elimina