Da un treno uguale ai mille che ho già preso
guardo il lungo sfilare dei canneti
e i pini di un'antica consolare
che assieme a me risale lungo il mare
E penso a questo eterno movimento
e al tempo e a come impasta la sua terra
e a come tutto il vivere sia un viaggio
un continuo cambiare di paesaggio
Ma in tutto quel che vedo dietro al vetro
pini e cipressi e gallerie e pianura
faccio fatica a indovinare un senso
e in tutto quel che provo e in quel che penso
Soltanto le stazioni abbandonate
mi sembrano compiute finalmente
in quel continuo cigolio di morte
fatto dal vento che agita le porte.
domenica 25 novembre 2012
sabato 17 novembre 2012
Alla mostra di Picasso
«Ciumbia, Bepin, va' quanta gente c'è!
Questa coda la dürerà cinc ur!
'Nduma a cà, che l'ha minga dì el dutur...»
«L'arte, Maria, val bene un mal de pee!»
«... mamma, Bepin, che rebelot ch'el ghè! ...
… ma chela tusa è strabica, ossignur! ...
... l'era un bravo pitur, te set sicur? ...
... ma viene prima il rosa o prima il blè? ...
… e poi, dopo il cubismo, cosa viene? ...
… tùtt chel fèrr buttato giò all'ammasso ...
... la capretta però è venuta bene! …»
«Visto, Maria, che bràvo l'è il Picasso?»
«Ascoltami, Bepin: te vuri bene,
ma mi de st'òmm no g'ho capito un casso!»
***
Questa coda la dürerà cinc ur!
'Nduma a cà, che l'ha minga dì el dutur...»
«L'arte, Maria, val bene un mal de pee!»
«... mamma, Bepin, che rebelot ch'el ghè! ...
… ma chela tusa è strabica, ossignur! ...
... l'era un bravo pitur, te set sicur? ...
... ma viene prima il rosa o prima il blè? ...
… e poi, dopo il cubismo, cosa viene? ...
… tùtt chel fèrr buttato giò all'ammasso ...
... la capretta però è venuta bene! …»
«Visto, Maria, che bràvo l'è il Picasso?»
«Ascoltami, Bepin: te vuri bene,
ma mi de st'òmm no g'ho capito un casso!»
***
«Accidenti, Giuseppe, guarda quanta
gente c'è! / Questa coda durerà cinque ore! / Andiamo a casa, che
non ce l'ha ordinato il dottore...» / «L'arte, Maria, val bene un
mal di piedi!» / «...mamma, Giuseppe, che confusione che c'è ... /
...ma quella ragazza è strabica, oh signore! ... / ...era un bravo
pittore, sei sicuro?... / ma viene prima il [periodo] rosa o prima il
blu?... / ...e poi, dopo il cubismo, cosa viene?... / ...tutto quel
ferro buttato giù all'ammasso... / la capretta però è venuta
bene!...» / «Visto, Maria, che bravo che è Picasso?» /
«Ascoltami, Giuseppe: ti voglio bene / ma io di quest'uomo non ho
capito un cazzo!»
La mostra Picasso è a Palazzo Reale di Milano fino al 6 gennaio 2013.
giovedì 8 novembre 2012
Corsaro di taverna
Ragazzino noioso ed arrogante
che sorseggi da un'ora quel tuo amaro
e fai quel sorrisino da somaro
guardando me ed il mio tè fumante,
quand'eri un piscialetto di poppante
io già giravo i bar come un corsaro
e bevevo Dom Bairo l'Uvamaro
e anche Cambusa One l'Amaricante!
Stasera ho freddo e sono costipato,
ma ascolta bene quello che ti dico,
perché ce ne ho un bel po' da raccontarti:
non si contano i Petrus che ho scolato,
gli Stock 84, i Rosso Antico...
tu manco sai cos'era il Biancosarti!
che sorseggi da un'ora quel tuo amaro
e fai quel sorrisino da somaro
guardando me ed il mio tè fumante,
quand'eri un piscialetto di poppante
io già giravo i bar come un corsaro
e bevevo Dom Bairo l'Uvamaro
e anche Cambusa One l'Amaricante!
Stasera ho freddo e sono costipato,
ma ascolta bene quello che ti dico,
perché ce ne ho un bel po' da raccontarti:
non si contano i Petrus che ho scolato,
gli Stock 84, i Rosso Antico...
tu manco sai cos'era il Biancosarti!
sabato 3 novembre 2012
Senza titolo # 2
Io non lo so chi sei, non ti conosco,
non so se hai un nome, un volto, un sogno, un dio,
ma il tuo dolore rassomiglia al mio
e tanto basta a farti mio fratello.
Questo è quello di te che riconosco:
le tue parole come un rantolio,
gli occhi sbarrati contro il luccichio
di un'affilata lama di coltello.
Nel tuo corpo segnato leggo il mio,
nelle tue cicatrici riconosco
i segni impressi dentro il mio cervello.
Ma rimaniamo estranei tu ed io,
ché non sei tu quello che riconosco
ma è soltanto la lama del coltello.
non so se hai un nome, un volto, un sogno, un dio,
ma il tuo dolore rassomiglia al mio
e tanto basta a farti mio fratello.
Questo è quello di te che riconosco:
le tue parole come un rantolio,
gli occhi sbarrati contro il luccichio
di un'affilata lama di coltello.
Nel tuo corpo segnato leggo il mio,
nelle tue cicatrici riconosco
i segni impressi dentro il mio cervello.
Ma rimaniamo estranei tu ed io,
ché non sei tu quello che riconosco
ma è soltanto la lama del coltello.
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