lunedì 29 ottobre 2012

L'infinito (trasloco)

Sempre cara mi fu quest'erma stanza,
E questo arredo, che da tanta parte
Dell'adiacente sala il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminate
Stanze di là da quella, e sovrumani
Scaffali, e pesantissimi lïbri
Io nel pensier mi pingo; ove non poco
Il cor mi si spaura. E come il tempo
Vedo passar tra queste stanze, io quello
Infinito lavoro a questo lasso
Vo comparando: e mi sovvien l'armadio,
E le molte poltrone, e la possente
Vetrina, e i pacchi miei. Così tra questa
Immensità s'affoga il pensier mio:
E il boccheggiar m'è amaro in questo mare.

***

Giacomo Leopardi, L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle, / E questa siepe, che da tanta parte / Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. / Ma sedendo e mirando, interminati / Spazi di là da quella, e sovrumani / Silenzi, e profondissima quïete / Io nel pensier mi fingo, ove per poco / Il cor non si spaura. E come il vento / Odo stormir tra queste piante, io quello / Infinito silenzio a questa voce / Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, / E le morte stagioni, e la presente / E viva, e il suon di lei. Così tra questa / Immensità s'annega il pensier mio: / E il naufragar m'è dolce in questo mare.















venerdì 12 ottobre 2012

A me stesso

Rassegnati, Attanasio,
tu non sei della stirpe degli eletti,
dei poeti perfetti
che sanno declinare le emozioni
con linguaggio moderno ed appropriato,
tu appartieni alla stirpe dei coglioni
nel folto sottogruppo degli inetti
che fanno quattro rime nei sonetti
e pensano chissà cos'han creato!

Tu guarda per esempio il tuo linguaggio:
sempre perbene, placido, pulito,
sempre educato, contenuto, saggio,
attento ad evitare ogni imbarazzo...
la verità è che non hai il coraggio
di dire cazzo se vuoi dire cazzo,
di dire figa se vuoi dire figa!
Tu preferisci prenderti la briga
di trovare metafore cazzute
che, onestamente, rompono i coglioni!
(Comunque sempre meno
delle tue cazzo di allitterazioni!)

E poi questa tua fissa della rima!
Non ci vuole una cima
per capire ch'è roba da sfigati!
La rima è roba vecchia,
è roba da matusa:
un poeta moderno non la usa!
Guarda i veri poeti,
quelli davvero bravi,
quelli esistenzialisti esistenziali
che fanno le serate nei locali:
li trovi dentro ai video di internet
col microfono e i fogli nella mano
(nell'altra hanno un fernet)
che recitano i loro testi tristi
(poiché esistenzialisti)
ma pure quando a volte son faceti
rimangono poeti,
cioé: poeti veri,
di quelli proprio seri,
che se li ascolti bene
mentre li guardi in faccia
ti accorgi che di rima non c'è traccia,
perché sono moderni
e quindi va da sé che sono eterni!

Ma tu non puoi capire,
tu non hai stile, non hai fantasia,
tu giochi con la metrica
e confondi la vera poesia
con un'arida regola geometrica.
Credimi, è una sciocchezza
che un verso debba avere una lunghezza,
che debba avere un ritmo ed un suono.
Non c'è niente di buono
in un endecasillabo anapestico
con dentro due emistichi e una cesura:
già solo il nome mi fa più paura
d'un manuale d'elettrodomestico!
E cosa dire poi del settenario
ch'è corto più di un coito interrotto?
Di sillabe ne avesse almeno otto!
E invece no: è corto ed è noioso!
Andrebbe scritto dentro al dizionario:
"nome d'un verso pluricentenario
utilizzato ai tempi di mio nonno
per concilare il sonno".

Svecchiati, modernizzati, Attanasio!
Usa parole nuove,
iperboli e sinonimi aggressivi,
enormissimi enormi accrescitivi,
vezzeggiativi astrusi e ripetuti,
gioca con le parole,
regala al mondo quel che il mondo vuole...

Che c'è? Non sai che fare?
Tranquillo, l'importante è incominciare.
Ti do' qualche consiglio:
prendi un libro noioso
e senza batter ciglio
ritaglia gli aggettivi più eclatanti,
gli avverbi scoppiettanti,
i complementi più sbalorditivi,
incollali su un foglio ben in fila
poi scrivi che li scrivi
per quella tipa che a te non ti fila
e che tu l'ami da un'eternità...
Pensa il lettore come si diverte
sapendo di una che non te la da'!
Scrivi cento storielle tutte uguali
e quando ne avrai tante
gira per i locali
e cantale al tuo pubblico pagante,
vendigli a medio prezzo l'illusione
che la tua pirotecnica emozione
è simile alla loro:
per ringraziarti ti faranno d'oro!

Che c'è? Non sei capace?
Povero idiota, quanto mi dispiace!
Davvero, mi rattrista,
ma tu non hai la stoffa dell'artista:
sei solo un artigiano di parole!
E non sarai che questo
finché ti ostinerai a restare onesto.


mercoledì 10 ottobre 2012

Pensieri

Che poi io ieri ci sono venuto
pensando di trovarti, e tu non c'eri.
Così sono rimasto
un po' sperduto dentro i miei pensieri.

Che poi, a pensarci, quello che ti ho scritto
me lo sarei ripreso volentieri,
che forse è proprio quello
ad avere turbato i tuoi pensieri.

Che io però è così che sono fatto,
di carne, sangue, rabbia e desideri,
non posso fare altro
che dirti che ci sei nei miei pensieri.

Che forse adesso è meglio non pensarci.
Adesso è oggi, ieri ormai è ieri,
e tutte queste cose
scoloriranno tra i nostri pensieri.


lunedì 8 ottobre 2012

Il senso

Per colpa tua è due giorni che ci penso.

Era sabato sera.
Con il panino in mano e con la birra
me ne stavo seduto di buon grado
a un tavolino dello Stalingrado
a ridacchiare delle tue battute.
Tu di birre ne avevi già bevute
e si vedeva ch'eri un po' sbronzetto,
ma chi se l'aspettava
la tua uscita ad effetto
che ancora un po' mi piglia uno scompenso!

Hai detto che la vita non ha senso!

Ora, non è il concetto
(che a dirla tutta è poco originale)
quel che mi ha fatto rimanere male,
ma il fatto che sia tu ad averlo detto!
Anche se in stato un po' confusionale,
tu resti un prete, col tuo bel colletto!
Queste cose le posso dire io
che sono un architetto,
ma tu appartieni a Dio
e in bocca a te la cosa è un controsenso!

E insomma, è da due giorni che ti penso.