domenica 23 dicembre 2012

Film

- Trovane almeno uno divertente,
non il solito dramma esistenziale...
- Questo mi sembra proprio niente male:
è la vicenda di un adolescente

che naufraga in un tragico incidente,
si aggrappa a una scialuppa e quando sale
ci trova dentro già qualche animale
tra cui una tigre poco compiacente;

ma lui non si scoraggia, ed è così...
- Non mi dire il finale! ...e di chi è?
- E' l'ultima fatica di Ang Lee.

- Ah beh, allora...! E il titolo qual è?
- Si chiama... aspetta un po'... "Vita di Pi".
- Sicuro che non è "Vita di me..."?

sabato 15 dicembre 2012

"Ospiti illustri" n° 9: Eugenio Montale

Eugenio Montale, da Ossi di seppia, 1925
I LIMONI

***

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità. 

















venerdì 7 dicembre 2012

Satiro torna, e assieme a lui rimena

Satiro torna, e assieme a lui rimena
e i furbi e i servi, sua dolce famiglia,
et nuove fregne et qualche Filomena
che prima v'era già nella squadriglia.

Ridono i padri, e c'è chi si dimena
per esser primo a consegnar la figlia
a lui che, con la testa d'amor piena,
come animal d'amar si riconsiglia.

Ma per me, lasso, tornano i più gravi
presentimenti, che già 'l cor mi tange
l'idea che anche stavolta lui le chiavi

et muova l'augelletto et la falange
con belle donne in tali atti soavi
mentre 'l paese attorno affonda e piange.

***

Francesco Petrarca, Zephiro torna, e’l bel tempo rimena
Zephiro torna, e’l bel tempo rimena, / e i fiori et l’erbe, sua dolce famiglia, / et garrir Progne et pianger Philomena, / et primavera candida et vermiglia. / Ridono i prati, e ’l ciel si rasserena; / Giove s’allegra di mirar sua figlia; / l’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena; / ogni animal d’amar si riconsiglia. / Ma per me, lasso, tornano i piú gravi / sospiri, che del cor profondo tragge / quella ch’al ciel se ne portò le chiavi; / et cantar augelletti, et fiorir piagge, / e ’n belle donne honeste atti soavi / sono un deserto, et fere aspre et selvagge.

















domenica 2 dicembre 2012

"Ospiti illustri" n° 8: Umberto Saba

Umberto Saba, da Trieste e una donna, 1910-12
CITTA' VECCHIA

***

Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.













domenica 25 novembre 2012

Roma Grosseto Genova Milano

Da un treno uguale ai mille che ho già preso
guardo il lungo sfilare dei canneti
e i pini di un'antica consolare
che assieme a me risale lungo il mare

E penso a questo eterno movimento
e al tempo e a come impasta la sua terra
e a come tutto il vivere sia un viaggio
un continuo cambiare di paesaggio

Ma in tutto quel che vedo dietro al vetro
pini e cipressi e gallerie e pianura
faccio fatica a indovinare un senso
e in tutto quel che provo e in quel che penso

Soltanto le stazioni abbandonate
mi sembrano compiute finalmente
in quel continuo cigolio di morte
fatto dal vento che agita le porte.



sabato 17 novembre 2012

Alla mostra di Picasso

«Ciumbia, Bepin, va' quanta gente c'è!
Questa coda la dürerà cinc ur!
'Nduma a cà, che l'ha minga dì el dutur...»
«L'arte, Maria, val bene un mal de pee!»

«... mamma, Bepin, che rebelot ch'el ghè! ...
… ma chela tusa è strabica, ossignur! ...
... l'era un bravo pitur, te set sicur? ...
... ma viene prima il rosa o prima il blè? ...

e poi, dopo il cubismo, cosa viene? ... 
… tùtt chel fèrr buttato giò all'ammasso ... 
... la capretta però è venuta bene! …» 

«Visto, Maria, che bràvo l'è il Picasso?»
«Ascoltami, Bepin: te vuri bene,
ma mi de st'òmm no g'ho capito un casso!»

*** 

«Accidenti, Giuseppe, guarda quanta gente c'è! / Questa coda durerà cinque ore! / Andiamo a casa, che non ce l'ha ordinato il dottore...» / «L'arte, Maria, val bene un mal di piedi!» / «...mamma, Giuseppe, che confusione che c'è ... / ...ma quella ragazza è strabica, oh signore! ... / ...era un bravo pittore, sei sicuro?... / ma viene prima il [periodo] rosa o prima il blu?... / ...e poi, dopo il cubismo, cosa viene?... / ...tutto quel ferro buttato giù all'ammasso... / la capretta però è venuta bene!...» / «Visto, Maria, che bravo che è Picasso?» / «Ascoltami, Giuseppe: ti voglio bene / ma io di quest'uomo non ho capito un cazzo!» 

La mostra Picasso è a Palazzo Reale di Milano fino al 6 gennaio 2013.


















giovedì 8 novembre 2012

Corsaro di taverna

Ragazzino noioso ed arrogante
che sorseggi da un'ora quel tuo amaro
e fai quel sorrisino da somaro
guardando me ed il mio tè fumante,

quand'eri un piscialetto di poppante
io già giravo i bar come un corsaro
e bevevo Dom Bairo l'Uvamaro
e anche Cambusa One l'Amaricante!

Stasera ho freddo e sono costipato,
ma ascolta bene quello che ti dico,
perché ce ne ho un bel po' da raccontarti:

non si contano i Petrus che ho scolato,
gli Stock 84, i Rosso Antico...
tu manco sai cos'era il Biancosarti!



sabato 3 novembre 2012

Senza titolo # 2

Io non lo so chi sei, non ti conosco,
non so se hai un nome, un volto, un sogno, un dio,
ma il tuo dolore rassomiglia al mio
e tanto basta a farti mio fratello.

Questo è quello di te che riconosco:
le tue parole come un rantolio,
gli occhi sbarrati contro il luccichio
di un'affilata lama di coltello.

Nel tuo corpo segnato leggo il mio,
nelle tue cicatrici riconosco
i segni impressi dentro il mio cervello.

Ma rimaniamo estranei tu ed io,
ché non sei tu quello che riconosco
ma è soltanto la lama del coltello.


lunedì 29 ottobre 2012

L'infinito (trasloco)

Sempre cara mi fu quest'erma stanza,
E questo arredo, che da tanta parte
Dell'adiacente sala il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminate
Stanze di là da quella, e sovrumani
Scaffali, e pesantissimi lïbri
Io nel pensier mi pingo; ove non poco
Il cor mi si spaura. E come il tempo
Vedo passar tra queste stanze, io quello
Infinito lavoro a questo lasso
Vo comparando: e mi sovvien l'armadio,
E le molte poltrone, e la possente
Vetrina, e i pacchi miei. Così tra questa
Immensità s'affoga il pensier mio:
E il boccheggiar m'è amaro in questo mare.

***

Giacomo Leopardi, L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle, / E questa siepe, che da tanta parte / Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. / Ma sedendo e mirando, interminati / Spazi di là da quella, e sovrumani / Silenzi, e profondissima quïete / Io nel pensier mi fingo, ove per poco / Il cor non si spaura. E come il vento / Odo stormir tra queste piante, io quello / Infinito silenzio a questa voce / Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, / E le morte stagioni, e la presente / E viva, e il suon di lei. Così tra questa / Immensità s'annega il pensier mio: / E il naufragar m'è dolce in questo mare.















venerdì 12 ottobre 2012

A me stesso

Rassegnati, Attanasio,
tu non sei della stirpe degli eletti,
dei poeti perfetti
che sanno declinare le emozioni
con linguaggio moderno ed appropriato,
tu appartieni alla stirpe dei coglioni
nel folto sottogruppo degli inetti
che fanno quattro rime nei sonetti
e pensano chissà cos'han creato!

Tu guarda per esempio il tuo linguaggio:
sempre perbene, placido, pulito,
sempre educato, contenuto, saggio,
attento ad evitare ogni imbarazzo...
la verità è che non hai il coraggio
di dire cazzo se vuoi dire cazzo,
di dire figa se vuoi dire figa!
Tu preferisci prenderti la briga
di trovare metafore cazzute
che, onestamente, rompono i coglioni!
(Comunque sempre meno
delle tue cazzo di allitterazioni!)

E poi questa tua fissa della rima!
Non ci vuole una cima
per capire ch'è roba da sfigati!
La rima è roba vecchia,
è roba da matusa:
un poeta moderno non la usa!
Guarda i veri poeti,
quelli davvero bravi,
quelli esistenzialisti esistenziali
che fanno le serate nei locali:
li trovi dentro ai video di internet
col microfono e i fogli nella mano
(nell'altra hanno un fernet)
che recitano i loro testi tristi
(poiché esistenzialisti)
ma pure quando a volte son faceti
rimangono poeti,
cioé: poeti veri,
di quelli proprio seri,
che se li ascolti bene
mentre li guardi in faccia
ti accorgi che di rima non c'è traccia,
perché sono moderni
e quindi va da sé che sono eterni!

Ma tu non puoi capire,
tu non hai stile, non hai fantasia,
tu giochi con la metrica
e confondi la vera poesia
con un'arida regola geometrica.
Credimi, è una sciocchezza
che un verso debba avere una lunghezza,
che debba avere un ritmo ed un suono.
Non c'è niente di buono
in un endecasillabo anapestico
con dentro due emistichi e una cesura:
già solo il nome mi fa più paura
d'un manuale d'elettrodomestico!
E cosa dire poi del settenario
ch'è corto più di un coito interrotto?
Di sillabe ne avesse almeno otto!
E invece no: è corto ed è noioso!
Andrebbe scritto dentro al dizionario:
"nome d'un verso pluricentenario
utilizzato ai tempi di mio nonno
per concilare il sonno".

Svecchiati, modernizzati, Attanasio!
Usa parole nuove,
iperboli e sinonimi aggressivi,
enormissimi enormi accrescitivi,
vezzeggiativi astrusi e ripetuti,
gioca con le parole,
regala al mondo quel che il mondo vuole...

Che c'è? Non sai che fare?
Tranquillo, l'importante è incominciare.
Ti do' qualche consiglio:
prendi un libro noioso
e senza batter ciglio
ritaglia gli aggettivi più eclatanti,
gli avverbi scoppiettanti,
i complementi più sbalorditivi,
incollali su un foglio ben in fila
poi scrivi che li scrivi
per quella tipa che a te non ti fila
e che tu l'ami da un'eternità...
Pensa il lettore come si diverte
sapendo di una che non te la da'!
Scrivi cento storielle tutte uguali
e quando ne avrai tante
gira per i locali
e cantale al tuo pubblico pagante,
vendigli a medio prezzo l'illusione
che la tua pirotecnica emozione
è simile alla loro:
per ringraziarti ti faranno d'oro!

Che c'è? Non sei capace?
Povero idiota, quanto mi dispiace!
Davvero, mi rattrista,
ma tu non hai la stoffa dell'artista:
sei solo un artigiano di parole!
E non sarai che questo
finché ti ostinerai a restare onesto.


mercoledì 10 ottobre 2012

Pensieri

Che poi io ieri ci sono venuto
pensando di trovarti, e tu non c'eri.
Così sono rimasto
un po' sperduto dentro i miei pensieri.

Che poi, a pensarci, quello che ti ho scritto
me lo sarei ripreso volentieri,
che forse è proprio quello
ad avere turbato i tuoi pensieri.

Che io però è così che sono fatto,
di carne, sangue, rabbia e desideri,
non posso fare altro
che dirti che ci sei nei miei pensieri.

Che forse adesso è meglio non pensarci.
Adesso è oggi, ieri ormai è ieri,
e tutte queste cose
scoloriranno tra i nostri pensieri.


lunedì 8 ottobre 2012

Il senso

Per colpa tua è due giorni che ci penso.

Era sabato sera.
Con il panino in mano e con la birra
me ne stavo seduto di buon grado
a un tavolino dello Stalingrado
a ridacchiare delle tue battute.
Tu di birre ne avevi già bevute
e si vedeva ch'eri un po' sbronzetto,
ma chi se l'aspettava
la tua uscita ad effetto
che ancora un po' mi piglia uno scompenso!

Hai detto che la vita non ha senso!

Ora, non è il concetto
(che a dirla tutta è poco originale)
quel che mi ha fatto rimanere male,
ma il fatto che sia tu ad averlo detto!
Anche se in stato un po' confusionale,
tu resti un prete, col tuo bel colletto!
Queste cose le posso dire io
che sono un architetto,
ma tu appartieni a Dio
e in bocca a te la cosa è un controsenso!

E insomma, è da due giorni che ti penso.


giovedì 13 settembre 2012

lunedì 10 settembre 2012

mercoledì 5 settembre 2012

Cadorna, esterno notte

Da dietro il vetro di una pensilina
guardo questo improvviso temporale
e aspetto un tram che mi riporti a casa.

Ma spero che non passi.

Spero che duri a lungo
questo mio lento pianto di sollievo,
questa felicità che non credevo.

Il cielo denso di questa giornata
si sta sciogliendo intorno, come un dono.
Lascio la pensilina e mi abbandono.


martedì 28 agosto 2012

Ancora

Quando mi spegnerò
vorrei che fossi tu
ad alitare sopra la mia fiamma

tenendomi la mano
sfiorandomi la fronte
come la buonanotte di una mamma

così vorrei morire
sentendomi sereno
fino all'ultimo istante di quell'ora

ché tu non mentiresti
e il tuo sguardo tranquillo
vorrebbe dire ritrovarsi ancora.


martedì 14 agosto 2012

L'airone

Nella distesa acquosa d'erba chiara
si posa un airone cinerino.
Lo vedo da vicino
in questa breve pausa del treno.

Guardo la sua incoscienza,
il suo colore uguale da millenni,
la sua certezza, la sua eternità.
Me ne resto non visto
dietro le macchie del mio finestrino
e invidio il suo destino
che scorre lungo un corso già previsto,
il suo tornare al nido,
il suo volare nel suo mondo esatto.

Io non sono così,
il mio nido io non so com'è ch'è fatto,
il mio volo non so dove mi porta,
e la mia unicità non so se vale
il tempo che mi è dato:
lui vola eterno, io muoio d'ora in ora,
sarò nel nulla e lui volerà ancora.

Socchiudo gli occhi e penso...
penso che la coscienza
che mio malgrado m'è toccata in sorte
non rende la mia morte meno amara.

Riapro gli occhi. Siamo già a Torchiara.

domenica 5 agosto 2012

"Ospiti illustri" n° 7: Dante Alighieri

Dante Alighieri, Rime, LII 
GUIDO, I' VORREI CHE TU E LAPO ED IO

***


Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi.




mercoledì 18 luglio 2012

"Ospiti illustri" n° 6: Francesco Petrarca

Francesco Petrarca, Canzoniere, XXXV 
SOLO ET PENSOSO I PIU' DESERTI CAMPI

***


Solo et pensoso i piú deserti campi
vo mesurando a passi tardi et lenti,
et gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio human l'arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti,
perché negli atti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi:

sí ch'io mi credo omai che monti et piagge
et fiumi et selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.

Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch'Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co'llui.





sabato 14 luglio 2012

Resurrezione

- ... e Lazzaro riceve quella scossa
e tu la vedi quella vibrazione,
quell'elettricità, quella tensione
che lo pervade fino nelle ossa!

E la gente lì intorno era commossa,
partecipava di quell'emozione
ch'era la stessa di quelle persone
dipinte dentro quella stanza rossa...

Peccato che non c'eri! Era... grandioso!
- Peccato, si. Ma dimmi... quel tuo amico...?
- Quale amico? - Ma si, quel tipo... coso...

come si chiama... Enrico... Teodorico...
- Si chiama Federico. Sei geloso?
- Io? Noo... - E invece si! - Tu dici? - Dico!

***

La resurrezione di Lazzaro di Caravaggio è a Roma, a Palazzo Braschi, fino al 15 luglio.
 



giovedì 12 luglio 2012

Felice e anacoluto

Mentre rifletto su un anacoluto,
senza preavviso arriva il tuo messaggio:
«oggi vado a vedere Caravaggio
con un tipo... tu non l'hai conosciuto...

vabbè, poi ti racconto. Ti saluto!»
Cosa vuoi che ti dica?! Un uomo saggio,
il suo mestiere è di farsi coraggio:
la gelosia, se l'hai, muori cornuto!

Però son già passate cinque ore
da quando tu ed il tipo siete via...
cos'è, vi ha sopraffatti lo stupore

nella cappella di Santa Maria?
I tipi come questo intenditore,
bisogna fare come con Golia!


domenica 8 luglio 2012

Due ore

- Non fare quella faccia!
   Sei qui oramai da più di dieci giorni ...
   Si vede, sai, che hai voglia di tornare,
   quindi non me la stare a raccontare!
- Vabbé, però mi spiace di lasciarti ...
- Si, certo, come no! A che ora parti?
- Ho il treno fra due ore ... che ne dici
   se le passiamo a letto
   trombando come ricci?
- Scemo, se non ti spicci
   a Milano mi sa che non ci torni!
- Non devo fare niente, è tutto pronto:
   la valigia, il computer, il biglietto ...
   Su, forza, andiamo a letto ...
- Ma fa caldo, e già siamo sudaticci ...
- ... dai, non fare i capricci ...
- Oh, ma sei proprio tosto!!
- ... togliti i jeans e fammi un po' vedere
   quel che tieni nascosto ...
- Fai il bravo, per piacere ...
   e toglimi le mani dal sedere!



martedì 3 luglio 2012

Come le mie colline

Quella mia fanciullezza
fatta dell'infinito delle spighe,
delle vigne assetate, dei canneti,
di un filo d'acqua negli immensi greti
delle fiumare antiche,
delle colline nella mia finestra
che ogni giorno aggiungevano un colore
aspettando ogni estate il mio ritorno
quando le arrampicavo
per potermi affacciare
sul luccichio del mare e dei tramonti...

Quella mia fanciullezza
scandita lungo identiche stagioni
da canti di cicale,
da temporali e tuoni,
percorsa sempre in sella ad una bici
lungo binari vecchi di radici
sospesi sopra ponti di mattoni...

Quella mia fanciullezza
è la parte di me che non invecchia,
sfida il tempo nascosta nel mio sangue,
nella mia carne, dentro ogni mia fibra,
sembra sopita, ma ogni volta vibra,
risponde a un suono, a un alito di vento,
a un istante violento
che arriva inaspettato
e mi travolge con il suo profumo
e poi mi lascia intriso di tristezza,
in gola un grumo secco di dolcezza.

Quella mia fanciullezza
non è andata perduta, esiste ancora,
quel bimbo ancora corre tra le spighe,
tra campi e vigne, lungo le mie vene,
e ogni tanto ritorna,
io questo lo so bene.

Come le mie colline,
mentre apetto che torni,
anch'io cambio colore con i giorni.



martedì 26 giugno 2012

Ieri ho visto l'amore nei tuoi occhi

Ieri ho visto l'amore nei tuoi occhi,
mio dolce amico, mio indifeso amico,
nascosto tra le lacrime e l'intrico
delle tue ciglia come scarabocchi,

e ho pensato che noi siamo balocchi
nelle mani di un Dio che ci è nemico,
e ancora adesso, credi, mi affatico
a evitare che il cuore ne trabocchi

come la schiuma dentro quei bicchieri
di birra chiara dello Stalingrado
... sembra passato un secolo, era ieri ...

Quandro avrà smesso di ruotare il dado
forse la scaccerai dai tuoi pensieri
e Dio ti avrà di nuovo, tuo malgrado.


domenica 27 maggio 2012

Un ragazzo

1
Pensando ai tonnarelli cacio e pepe,
ai carciofi, alla coda ed all'abbacchio,
già m'ero detto “cacchio:
in questa settimana
di trasferta romana
non devi rinunciare alla palestra!
Dopo tanta fatica, che disdetta
se a un mese dalle ferie
ti torna la pancetta!
Da bravo milanese organizzato
m'ero già preparato
segnando gli indirizzi relativi
a tre palestre e due club esclusivi
che stanno bene o male
in zona Viminale.
Così, con la piantina sottomano,
ho iniziato a girare tutti i posti.
Ma avevo fatto i conti senza gli osti!
Di tre palestre, una era fallita;
la seconda era vecchia al punto tale
che ci si era allenato Giovenale;
e la terza non era una palestra
ma un covo di energumeni di destra
che er pecora al confronto è comunista!

Ma non mi sono arreso:
mi restavano i club ancora in lista!
Il primo era esclusivo veramente,
al punto che finanche il portinaio
non ne sapeva niente.
L'altro per dirla tutta mi piaceva:
fitness, massaggi, saune rilassanti,
corsi di yoga, spinning, pugilato,
solarium con il prato e gli abbronzanti...
ma tutti questi benefit stupendi
mi costavano almeno due stipendi!

Ora, ecco... io non ho molte pretese,
fosse per me ci andrei a Villa Borghese
a correre tra i viali profumati
di resina di pino e di lentisco,
di menta, di ginepro e di finocchio,
ma cosa posso farci se il ginocchio
mi si blocca per colpa del menisco
dopo appena un minuto che ho iniziato?
Così, mentre tornavo sconsolato
pensando ai tentativi andati a vuoto,
all'improvviso mi son ricordato
ch'è da un sacco di tempo che non nuoto!
L'idea non è per niente peregrina...
Vuoi che a Roma non trovi una piscina?”

Ci ho impiegato due giorni per scoprire
l'amara verità:
piscine in centro Roma non ce n'ha!
Se vuoi nuotare non c'è via d'uscita:
ti tocca andare a Trevi
e fare come Anita!
Ora, non è per fare il milanese
che scassa i maritozzi,
ma a Milano, per dire, c'è la Cozzi
a metà strada tra Centrale e Duomo.
Vabbè, lasciamo stare.

Che cosa deve fare un pover'uomo
quando vuole nuotare
a Roma, ch'è la patria delle terme?
Me lo chiedevo, inerme,
davanti al fontanone in piazza Esedra
vagando con lo sguardo rassegnato,
quando indovina un po' chi m'ha chiamato?
L'amico mio de Roma
che stava n'altra volta su a Milano.
Finiti i convenevoli
gli espongo il mio reclamo.
Lui m'ascolta in silenzio e poi me fa:
- Aspetta du' minuti e te richiamo.

Così, mentre l'aspetto,
guardo le belle statue del Rutelli
e penso ai tempi belli
quando i nipoti stavano in bottega
con mazzetta e scalpello, e che quell'arte
alcuni l'hanno appresa solo in parte...
ma è un attimo, e il pensiero fugge via
dietro le note della suoneria.
- Pronto, Grunto... so' io.
Senti, ce sta' er cognato de mi' zio
che c'ha questa vicina
che tutti i giorni va in una piscina
che sta sull'Appia antica.
Lei c'entra co' l'invito de n'amica...
m'ha detto che problemi nun ce n'è:
se la chiami fa entrare pure a te!


2
Quarantacinque vasche in quasi un'ora:
davvero niente male
se penso che non nuoto da una vita!
Mentre mi asciugo guardo il girovita
e un poco mi compiaccio
d'avere superato i quarant'anni
tutto sommato senza troppi danni.
Così, uscendo, fischietto soddisfatto
e mentre vado a prendere la metro
mi fermo per guardarmi dentro a un vetro,
m'atteggio in una posa da coatto,
faccio la faccia dura,
sorrido e dico “Anvedi... fai paura!
Uno mejo de te... ma ndo' se trova?
Ce vole perlomeno Raoul Bova!”.
Cinque minuti dopo,
mantengo questa posa da coglione
salendo sul vagone,
e poiché me la tiro
sto in piedi e non mi guardo neanche in giro.

Ma dopo due minuti me n'accorgo.
A due metri da me ci sta un ragazzo
triste che sembra un cane bastonato
che se ne sta accucciato nel suo posto
e ogni tanto mi guarda di nascosto.
Quando si accorge che mi sono accorto
fa finta di girarsi, ma poi torna
e da dentro quel suo giubbetto rosso
mi piazza gli occhi addosso.
La cosa un po' mi manda in confusione...
forse per via di quella sua espressione,
mi viene un senso di inadeguatezza
di fronte a tutta quella sua tristezza,
mi sento coinvolto, anche perché
tra tutti sta guardando solo me...
...magari c'ha un problema...
a volte, se hai bisogno di un aiuto
lo cerchi pure da uno sconosciuto...

Mi giro per un attimo soltanto,
poi piano piano butto ancora un occhio...
E' sempre lì che guarda.
“Oddio, ma non sarà mica un finocchio?”.
Intanto lui decide
che anch'io lo sto guardando, e mi sorride.
Bravo, Attanasio Grunto, complimenti!
Hai fatto colpo! E' quello che volevi,
perciò adesso di cosa ti lamenti?
Ora sai che si prova
andando in giro a fare Raoul Bova!

Non rispondo al sorriso.
Faccio la faccia dura:
hai visto mai, magari c'ha paura...
Niente, sorride ancora!
Allora sai che faccio?
Mi metto le cuffiette nelle orecchie,
e mentre schiaccio il play
faccio la faccia di chi non lo caga.
Oh, manco a farlo apposta,
chi canta il primo brano? Lady Gaga!
Vabbè, che c'entra, mica uno è gay
solo perché gli piace Born this way!

Mentre sto lì e millanto sufficienza
sento un'interferenza,
una musica rotta
che non c'azzecca con la Germanotta.
Non viene dal lettore
e non arriva dal televisore
che è appeso al palo sopra la mia testa...
Faccio la faccia strana, non capisco...
E intanto quel rumore non si arresta.
Quand'ecco che il ragazzo mi fa un cenno,
sorride e con il dito
mi indica qualcosa alle mie spalle.
Mi volto e vedo un vecchio un po' svanito
avvolto in uno scialle,
con in testa un cappello un po' sgualcito,
che placido strimpella
un suo vecchio organetto a manovella
e produce un discreto tramestio.
Il ragazzo sorride divertito.
Tolgo le cuffie e gli sorrido anch'io.
Gli dico «grazie», lui mi dice «niente».
Sorrido e penso “sono un deficiente!”.

Ma poi non ci parliamo.
Soltanto, ogni pochetto, ci guardiamo
e ci lanciamo un po' di sorrisini
come fanno gli amici
quando fanno i cretini.
Alla fine lui scende,
e forse si sorprende che io resti.
Non si volta a guardarmi, non ha senso.
O almeno è quel che penso
mentre lo guardo allontanarsi in fretta.
La porta si è già chiusa,
quando attraverso il vetro
lo vedo che si gira e torna indietro.
Quando infine mi trova con lo sguardo
gli sto già sorridendo. In due secondi
sono molte le cose che diciamo.

Infine mi saluta con la mano.
Il treno parte. Io guardo finché posso
il suo sorriso e il suo giubbetto rosso.
Poi mi siedo nel posto che ha lasciato
e penso tra di me
che non sembrava poi tanto diverso,
che ci potevo prendere un caffè.

***

P.S.: il 17 maggio era la giornata mondiale contro l'omofobia. Però non è che gli altri giorni non vale.

















giovedì 24 maggio 2012

"Ospiti illustri" n° 5: Vincenzo Cardarelli

Vincenzo Cardarelli, Poesie, 1942
GABBIANI

***

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciufare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
















sabato 19 maggio 2012

Nascondino

Papà, falla finita...
smettiamo di giocare a nascondino!
Quand'ero piccolino
sei tu che mi hai insegnato
quello che so del gioco,
cioè che è bello quando dura poco,
perciò falla finita
che questa volta non è divertente:
se ti nascondi in quella faccia assente
come faccio a trovarti?

Papà, cambiamo gioco.
Se non puoi più portarmi sulle spalle
come facevi quando ero bambino
stammi almeno vicino
e prendimi la mano
e dimmi che non provi più paura...
anche se hai freddo in questa notte scura
stando vicini un po' ci riscaldiamo.


domenica 6 maggio 2012

Sopra un aforisma di Aristotele

Siamo quello che facciamo ripetutamente. L'eccellenza non è dunque un atto, ma un'abitudine.

Se è vero che noi siamo solamente
quel che facciamo ripetutamente
io dunque cosa sono?

Se penso a quel che faccio
non sono che uno straccio di impiegato:
serio, efficiente, onesto... disperato!
Perché del mio lavoro
non resta proprio niente
e questo, se ci penso, è deprimente!
Ma in fondo, poi, poteva andarmi peggio:
ho un amico che vive al Lorenteggio
che è pure lui impiegato, ma al catasto!
E quindi, non tocchiamo questo tasto.

E allora, cosa sono?
Cosa faccio di buono,
qual è il motivo della mia esistenza,
quale valenza c'è nel mio operato?

Senti cos'ho pensato.
Di tutto quel che sono e quel che faccio
soltanto di una cosa mi compiaccio:
del mio essere ancora innamorato.
Ecco quello che faccio ogni momento:
ti amo, anche se non mi stai vicino,
anche se mi incasino
in questo nostro eterno inseguimento...

Dice che l'eccellenza è un'abitudine:
per colpa tua, io eccello in solitudine.



mercoledì 25 aprile 2012

"Ospiti illustri" n° 4: Michelangelo Buonarroti

Michelangelo Buonarroti, Rime
CHI E' QUEL CHE PER FORZA A TE MI MENA

***

Chi è quel che per forza a te mi mena,
oilmè, oilmè, oilmè,
legato e stretto, e son libero e sciolto?
Se tu incateni altrui senza catena,
e senza mane o braccia m’hai raccolto,
chi mi difenderà dal tuo bel volto?













venerdì 20 aprile 2012

Trombamici

«Scusa ... ripeti, che non ho capito!?»
«Ho detto che per me sei innamorato
e questo rende tutto complicato ...
non è quel che avevamo pattuito!

Noi siamo "trombamici", mi hai capito?
Il sentimento non è contemplato.
Il cuore qui non c'entra, e tu hai sbagliato ...
Era un bel gioco, ma oramai è finito!»

Io non lo so se in questo c'entra il cuore,
però per me non è proprio lo stesso ...
io non trombo con te: faccio l'amore!

E adesso cosa faccio, ti confesso
che quando sto con te sono migliore?
«No, guarda ... anche per me è soltanto sesso!»


venerdì 13 aprile 2012

Self-service

Mi guarda con il solito sorriso.
- Le servo i cannelloni?
- No, grazie, un po' di riso.
- Per secondo le do' la cotoletta?
- No, guardi, ho molta fretta.
- Prenda almeno un contorno!
- Basta una macedonia. Sa com'è:
sempre di corsa e poi
non resta neanche il tempo di un caffé!

Saremo un centinaio
in questo sotterraneo di via Larga:
studenti, preti, vigili, turisti,
bancari ed impiegati.
Molti quelli già visti,
pochi i nuovi arrivati.
Tutti seduti, ben allineati,
stesso vassoio, stessa tovaglietta,
pane, bicchere, mezza minerale,
tutti stringiamo in mano una forchetta
osservando lo stesso rituale.
Uguale l'etichetta,
identica la fretta.

Penso ai nostri antenati.
Non a quelli recenti. Ai primitivi.
Li immagino che guardano noi vivi
chiedendosi scorati:
"è questo quel che siamo diventati?
E' questo il risultato
di millenni di caccia agli elefanti?
Cosa ne è stato delle corse urlanti,
partire in tanti e ritornare in pochi,
del sangue, della carne sopra i fuochi,
dei banchetti festanti?".
Guardo piano ogni faccia.
Di quello che eravamo non c'è traccia,
se non nella forchetta
che affonda lenta nella cotoletta.

Poi succede qualcosa.
D'istinto stringo gli occhi.
Dilato le narici.
Ho i sensi all'erta, un fremito nel cuore.

Riconosco un odore.

Rapido come il vento
si risveglia il retaggio
dei tempi antichi quando ero selvaggio,
quei tempi ormai lontani
quando ero solamente un cacciatore
e uccidevo le bestie con le mani.
Sento il richiamo, sento che mi dice
che quel ricordo non è più sepolto ...
ero nudo, ero sporco, ero felice,
i muscoli scattanti, il pelo folto,
l'occhio vivace e attento, il muso unto ...
il mio nome era Grunto!

- Donna, dammi il cosciotto!
- Lo vuole crudo o cotto?
- Crudo! Con le patate!
E via quelle posate:
io sono Grunto, il cacciatore d'orsi
e dunque mangio a morsi!
Niente bottiglie, bastano i ruscelli:
le mani a coppa, bevo l'acqua a sorsi.
Ho il sole in faccia, il sale nei capelli,
non temo il lupo, non m'inquieta il tuono,
ascolto il dolce canto degli uccelli,
ascolto il vento nella sua rincorsa,
ascolto ... ascolto pure questo suono
che mi sta uscendo fuori dalla borsa ...

- Pronto ... dimmi, Annunziata ...
Che cosa? La riunione è già iniziata?

Lascio il vassoio e vado via di corsa.


venerdì 6 aprile 2012

L'aperitivo

Al telefono, prima,
mi hai detto che dovrai vedere "coso".
Mi hai spiegato il motivo
per cui non puoi vederlo nel tuo ufficio,
anche se non mi è chiaro il beneficio
di mischiare lavoro e aperitivo!
Ora, ecco... io non è che sia geloso
- e di chi, poi... di "coso"? -
però, quando lo vedi,
non sederti con lui ad un tavolino,
restate al banco, in piedi:
è più professionale, tu non credi?
E in ogni caso, non stargli vicino:
pensa un po' che disdetta
se c'è dell'aglio sopra la bruschetta!
Se ti dice "parliamo un po' di noi"
raccontagli di tutti i tuoi difetti,
digli che c'hai le rughe
se tieni gli occhi stretti,
che il cane sbava, che hai due amiche ladre,
parlagli di tua madre...

Ok, ok, la smetto.
Lo giuro, mi venisse un accidente:
non ti dico più niente.
Ma tu, se mi vuoi bene,
non bere cose forti, prendi un tè.
E poi magari parlagli di me.


sabato 31 marzo 2012

Quel che volevo dirti

Amore, c'è una cosa
che non ti ho ancora detto e voglio dirti.

Nel sonno, questa notte,
ho sentito il tuo odore sulle dita,
così ho allungato il braccio per cercarti
e tu però non c'eri
visto che dormi ormai in un'altra stanza
a ore, giorni e mesi di distanza.
Ecco, devi sapere
che non sopporto più la tua mancanza,
e specie quando dormo
è proprio allora che vorrei sentirti,
e invece resto solo dentro al letto
coi piedi freddi e con il cuore pesto.

Però non era questo
quel che volevo dirti e non ti ho detto.


domenica 25 marzo 2012

Gli orti

Dal treno guardo gli orti
che si addossano a questa ferrovia.
Alcuni sono grandi e regolari,
ma i più sono triangoli un po' storti
pieni di canne, plastica e lamiere.
Assomigliano un poco
a chi gli da' da bere.

Io sono come un orto
disordinato, malandato e storto.
Un orto un po' pietroso,
mai troppo coltivato,
selvatico ed un po' dimenticato.

Ma dentro le mie zolle
dormono tutti i semi che mi hai dato
e quando mi disseti
sbocciano i nostri fiori più segreti.


martedì 20 marzo 2012

Divano e poltrona

Io sono sul divano
tu sei sulla poltrona
sento il ronzio del frigo
fuori qualcuno suona
non diciamo parole
nemmeno ci guardiamo
io samsung, tu toshiba
entrambi lavoriamo
poi un attimo ti guardo
ma tu non ci fai caso
e leggi quel che hai scritto
mentre ti gratti il naso
poi ti aggiusti gli occhiali
e ti accarezzi il mento
i tuoi gesti usuali
io proprio in quel momento
mi sento che ti amo
non è così lontano
questo divano dalla tua poltrona
ti tocco con un piede
fuori qualcuno suona.


giovedì 1 marzo 2012

"Ospiti illustri" n 3: Robert Frost

Robert Frost, Nothing gold can stay 
traduzione di Attanasio Grunto

***

NESSUN ORO RIMANE 

Nella natura è d'oro il primo verde,
ma è difficile coglierne il colore.
La prima foglia è un fiore
che dura solo un'ora, poi si perde.
Ed è così che a foglia segue foglia,
così che l'Eden cadde nella doglia,
che l'alba muore dentro il giorno immane.
Nessun oro rimane.
















mercoledì 1 febbraio 2012

"Ospiti illustri" n° 2: Catullo

Catullo, Carmina, V 
traduzione di Attanasio Grunto

***

Viviamo, Lesbia mia, ed amiamo,
e i brontolii dei vecchi troppo seri
valutiamoli meno di una lira!
Il sole che tramonta può tornare,
ma noi, spenta la nostra breve luce,
dormiremo una sola notte eterna.
Donami mille baci, e dopo cento,
poi altri mille, e poi ancora cento,
poi mille altri ancora, e ancora cento.
E poi, quando saranno ormai migliaia,
li mischieremo e perderemo il conto,
ché mai maligno ci possa invidiare
sapendo quanti sono i nostri baci.


  










domenica 15 gennaio 2012

Alla mostra di Artemisia

- A ben guardare questi secenteschi
narrano storie che direi... moderne:
dalle chiese si passa alle taverne
e i personaggi sono romanzeschi!

Prenda quest'Artemisia Gentileschi:
nel buio appena rotto da lanterne
Giuditta ti decapita Oloferne
con gesti che direi... granguignoleschi!

Ma si tratta di santa o peccatrice?
Credo che proprio questo sia il quesito!
E lei, Mariuccia cara, che ne dice?

- Santa senz'altro! - E come l'ha capito?
- Perché il suo gesto ha forza ispiratrice:
vorrei provarci anch'io con mio marito!


martedì 10 gennaio 2012

Sonetto carducciano

T'amo, pio Bruno, e mite un sentimento
riconoscente m'entra dentro il core
per te, che sei il mio unico lettore
e m'hai lasciato l'unico commento.

Perché, sebben non abbia intendimento
d'ottener da' miei scritti gloria e onore,
pur vive in me la speme d'ogni autore
che se sa d'esser letto è assai contento!

Per questo t'amo, pur se figurato
intender devi il sentimento mio:
il primo verso, infatti, l'ho copiato; (*)

anche perché, per quel che ne so io,
tu sei gentile, in gamba e preparato,
ma cosa vuoi che sappia se sei pio!?

***

(*) Giosuè Carducci, Il bove.




sabato 7 gennaio 2012

Sonetto manierista

Tu ch'ogni tanto veni a consolarmi
de la mia solitudine petrosa
e ti disponi a darmi quella cosa
che da l'affanno mio sa liberarmi,

tu ch'ogni volta poi non sai parlarmi
e preda di quell'ansia rovinosa
ch'io t'ho passato insieme a l'altra cosa
raccolti i panni fremi per lasciarmi,

tu non sai che con tal comportamento
mi versi in core nettare e veleno,
ché il tuo lasciarmi aumenta il mio tormento

ma il ricordarmi del tuo corpo pieno
che si piega e si da' a mio piacimento
placa l'anima mia e mi fa sereno.

mercoledì 4 gennaio 2012

"Ospiti illustri" n° 1: Saffo

Saffo, fr. 31 V 
traduzione di Attanasio Grunto

***

Mi appare come simile agli dei
l'uomo che a te di fronte
siede ed ascolta standoti vicino
le tue dolci parole
e il tuo amabile riso. Tutto questo
mi fa esplodere il cuore dentro al petto,
ché appena io ti vedo, d'improvviso
non mi è più consentito dire nulla
poiché la lingua mi si paralizza
mentre un fuoco sottile
mi scorre insinuante sulla pelle,
mi si appannano gli occhi
ed un ronzio riempie le mie orecchie,
il sudore mi bagna ed un tremore
mi prende tutta, e verde più dell'erba
divento, ed a me stessa
sembra ch'io ormai sia prossima a morire.
Ma tutto si sopporta...