mercoledì 13 agosto 2014

Spoon River # 6. Gionata (un marinaio)

Quando lasciai la terra
e mi imbarcai nel mondo
decisi che ti avrei per sempre persa.
Sapevo che mai più sarei tornato.
Pure venni a cercarti
per dirti una bugia.
Posasti il tuo ricamo sulla panca
ma non dicesti nulla
e solo mi guardasti andare via.

Un marinaio è fatto di promesse,
cambia le donne e i porti
come cambia l'ingaggio.
Soltanto le parole son le stesse:
sempre quel giuramento ad ogni viaggio,
sempre alla fine un nuovo tatuaggio.

A volte, solo a volte,
pensavo a te ragazza
e donna e moglie e madre e infine stanca,
col tuo ricamo forse ancora in grembo
come allora seduta sulla panca...
Ma non era nemmeno più un ricordo,
era solo una storia da balera,
come il racconto di un tesoro antico
nascosto in mezzo a un'isola di terra,
buono per trastullarsi
nei lunghi pomeriggi di bonaccia.
Sapevo che mai più sarei tornato.
Sapevo ch'era ormai promessa ai pesci
la mia vecchia pellaccia.

Fu in un mattino verso Gibilterra,
tra risate e racconti di puttane,
che un mozzo con un viso da bambino
e quell'accento ruvido di terra
ch'io avevo imbastardito in mille porti
ci disse di una donna dei suoi colli,
mai sposa nell'attesa di un ritorno,
che si affacciava stretta nel suo scialle
per scrutare ogni giorno il fondovalle.

Come sono potenti le parole!
Scorrono nelle pieghe della vita
e le stendono senza cautela,
come un vento improvviso con la vela.

Attraversai quel giorno
risalendo i miei colli vigorosi
come se avessi ancora i miei vent'anni
e la faccia più liscia di quel mozzo.
Ma quando infine vidi la tua casa
con sulle pietre le mie stesse rughe
la polvere del tempo
m'asciugò la saliva dentro al gozzo.
Decisi d'aspettarti
seduto sotto l'albero dell'orto.

«So bene cosa ho fatto,
ma non so bene come raccontarlo:
le mie parole puzzano di porto,
delle bestemmie amare sulle prue
delle risate spese
in un bordello a stringere due poppe...
ma ormai ne ho viste troppe
e sono qui a a morire tra le tue».

Mi dissi: "che discorso da coglione!
Adesso mi dirà di andare via".

Posasti il tuo sorriso nei miei occhi
ma non dicesti nulla
e mi lasciasti entrare in casa mia.

"Ma in fondo son rimasto un marinaio!"
A questo sto pensando
mentre qualcuno picchia un altro chiodo,
mentre la cassa scende
tra le gomene tese dell'Approdo
e il pensiero dell'ultima bugia
sfuma tra le preghiere e l'omelia.
"In fondo è la mia storia, e non mi spiace
che i cento tatuaggi
dipinti sui miei muscoli ormai inermi
eran promessi ai pesci
e son finiti ai vermi".





6 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie, Bruno, felice che ti sia piaciuta.
      Anche a me piaciucchia, in effetti, anche se forse potevo lavorarci ancora un po'. Però, considerando che nelle mie intenzioni iniziali doveva essere un sonetto (14 versi), direi che forse ci ho lavorato abbastanza!
      Dai, Bruno, soddisfa il mio ego e dimmi qualcosa di più. Cosa ti è piaciuto di questa storia?
      (Inutile dire che se qualche altro lettore - dei pochi che passano da queste parti - volesse dire la sua, il mio ego ne sarebbe felice!).

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  2. Mi è piaciuto tutto, immaginavo Lucio Dalla in sottofondo, aria di mare e scorci di Genova. insomma, hai creato una cosa per me molto suggestiva.

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  3. Mentre la scrivevo, in effetti, avevo in mente i colli delle Langhe, giusto alle spalle di Genova e di Savona.
    Lucio Dalla ("dice che era un bell'uomo e veniva, veniva dal mare...") ma anche Fabrizio De Andrè o Paolo Conte.
    Grazie ancora, Bruno, alla prossima.

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  4. Oh Attanasio, Attanasio! Un bel brindisi al tuo ego, da qui, da casa mia.

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    1. Il mio ego ti ringrazia, Morena, e anch'io. Chissà che un giorno non ci si possa ritrovare a fare un brindisi tutti e tre!

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