venerdì 6 aprile 2018

Sera d'inizio aprile

Da solo in una stanza troppo grande
dentro una casa povera di cose
perduta nel silenzio d'una valle
buttata in mezzo a un mondo differente

t'immagino confuso tra la gente
veloce, un poco chiuso nelle spalle,
mentre attraversi strade rumorose
di clacson, di voci, di serrande.

Pure, tra solitudini diverse,
la voce basta a farci stare uniti
e quel bisogno ancora di futuro.

Qui il freddo, come il tempo, è ancora duro
ma arriveranno presto i giorni miti
a consolarci delle cose perse.



2 commenti:

  1. Ancora. Il bisogno ancora di futuro. Quell'"ancora" mi appare bello e triste allo stesso tempo. Ciao Attanasio

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    1. Eh, Bruno... come sempre, sai cogliere sfumature e significati di cui nemmeno io, nel mentre scrivevo, mi rendevo conto. D'altro canto, è una cosa normale, addirittura tipica dei processi creativi: quando si crea qualcosa (si tratti di uno scritto, di un quadro, di una qualunque "opera d'arte") vi si inseriscono molti più significati di quel che si crede, molte più informazioni di quelle che si intende trasmettere. E queste suggestioni, agli osservatori attenti non sfuggono.
      Quell'"ancora", come mi hai svelato tu, è bello, perché racconta la mia speranza di un futuro più condiviso con l'uomo che amo, ed è anche triste, perché mostra la malinconia del mio bisogno presente.

      Non avevo mai fatto caso alle sfaccettature della parola "ancora", che può assumere tanti significati, e può essere positiva o negativa a seconda del contesto: una frase come "lo vedrò ancora" cambia completamente di senso se riferita, per esempio, alla persona amata o all'esattore delle tasse!

      Grazie, Bruno, ti abbraccio.

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