domenica 26 novembre 2017

Oi sepolcroi, VII

Lamento di Paracùlogo Marpiònide a Eunèbete di Chiaràtos.
VII, vv. 359-415

Ove Paracùlogo, narrando i suoi accidenti, ne rischia uno più grande. 


***

Rapida giunse, ed io ne ricevetti
da riempire un sacco ed una sporta
pria che riuscissi a prendere la porta
che dalle stalle dava sullo spiazzo
e da questo alle stanze del palazzo,
e quando vidi ch'ella pur vi giunse
io, più veloce d'Erme e pur senz'ale,
m'ascosi sotto il talamo nuziale
ove, in virtù dell'eccessiva stazza,
non mi potea raggiunger quella pazza!
Ma che sgomento fu sentirle dire
"o presto o tardi dovrai pur uscire!".
Tre volte Febo dardeggiò sui campi
coi suoi robusti raggi, ed altrettante
in bianche vesti lo seguì Selene,
mentr'io giacea lassotto in preda ai crampi
ed ella pur sul talamo giacente
si rotolava in sadico trastullo
agendo su di me siccome rullo!
Ah quante e quante volte in quel frangente
levai il mio grido a Giove onnipotente
che desse fine a quella mia disdetta
con l'uso accorto d'una sua saetta!
Ma forse il dio non stava in ciel assiso,
distratto appresso a qualche sua ninfetta!»
Qui il mentore si tacque d'improvviso,
ché Lissa lo spingea ad andare avante
ma il fiato a tal desio non fu bastante:
o fosse il dio a punire la sua pecca,
o fosse ch'egli avea la gola secca,
qual emulo di Proteo si scosse
e rapido mutò la foga in tosse,
il collo in otre, gli occhi in due bracieri,
e grosso e smosso e sposso e rosso in viso
sembrò bussare all'uscio dell'Eliso...
ma lo salvò Dioniso potente
che, con l'aiuto d'un bicchier di vino,
insieme gli placò l'ira e il raspino.
Eunèbete, che avea temuto il peggio,
gioì di quella vista e pur fu mogio:
ché, se vedea salvarsi il suo maestro,
pure vedea svanire il necrologio
che in quel frangente breve e concitato
avea per un istante pregustato.
Ma se ne consolò, poiché s'avvide
che potea forse cogliere il momento
per sciorinare un lungo suo intervento.
E cominciò: «Maestro, i tuoi martiri
ti fanno pari a Socrate negletto
di cui ti narrerò la triste storia.
Orbene» aggiunse «sappi che una volta...»
Ma non continuò, ché il precettore
gli mise in mano un vaso di licore
e, pur se ancor la faccia avea stravolta,
«Bevi» gli disse ruvido «ed ascolta!».
E tanto fu il comando risoluto
ch'Eunèbete obbedì e rimase muto.



Nessun commento:

Posta un commento